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Dl Giustizia, il Senato approva la legge: più flessibilità per i magistrati e processi più rapidi

L’Aula del Senato ha approvato in via definitiva il ddl di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 117/2025, recante misure urgenti in materia di giustizia, già approvato dalla Camera dei deputati. Il provvedimento, ora legge, introduce interventi finalizzati a velocizzare i procedimenti giudiziari e a sostenere gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nel settore giustizia.

Tra le novità principali, il decreto amplia fino al 30 giugno 2026 la possibilità di impiegare in maniera più flessibile i magistrati per garantire la rapida definizione dei procedimenti pendenti, in linea con i tempi previsti dal Pnrr. L’approvazione definitiva del Senato, avvenuta con voto per alzata di mano, segna il completamento dell’iter legislativo e conferma le modifiche introdotte dalla Camera.

Sul fronte della partecipazione dei magistrati ai media, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha risposto a un’interrogazione parlamentare sul caso della presenza di Nicola Gratteri alla trasmissione televisiva “Lezioni di mafie” su La7. Secondo Nordio, «la partecipazione alle trasmissioni televisive rientra nelle attività liberamente espletabili dal magistrato senza alcuna autorizzazione o preventiva comunicazione, salvo che si tratti di partecipazione programmata continuativa e non occasionale a trasmissioni nelle quali vengono trattate specifiche vicende giudiziarie», quindi «de iure conditio il rispetto dei limiti imposti imporrà una valutazione in concreto delle caratteristiche della partecipazione e della natura degli argomenti trattati; valutazione che sarà possibile operare ex post, al termine dell’attività extragiudiziaria svolta».

Nordio evidenzia inoltre che «la delicatezza del tema insito nell’esposizione mediatica dei magistrati impone de iure condendo una seria riflessione sull’adeguatezza dell’attuale quadro normativo», alla luce della necessità di rafforzare «i principi di imparzialità e terzietà del giudice, consacrati dall’articolo 111 della Costituzione».

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