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Il discorso di fine anno di Mattarella: dalla pace agli 80 anni della Repubblica. E ai giovani: «Siate coraggiosi»

In piedi nello studio della Vetrata, al Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto il tradizionale discorso di fine anno. L’undicesimo del suo doppio mandato da capo dello Stato.

Mattarella ha tracciato un bilancio del Paese, partendo dai valori fondativi della democrazia – nel 2026 l’Italia celebrerà l’ottantesimo anniversario della Repubblica – e dalla necessità di una «mentalità di pace» in un contesto internazionale segnato dai conflitti in Ucraina e a Gaza.

Il richiamo alla pace e le sfide internazionali

Il presidente ha aperto il suo intervento con una riflessione cruda sulla realtà globale, definendo «ripugnante» il rifiuto della pace da parte di chi si sente più forte.

Sergio Mattarella ha citato esplicitamente la devastazione delle città ucraine e la tragedia di Gaza, dove «neonati al freddo muoiono assiderati». In questo scenario, il Capo dello Stato ha raccolto l’invito di Leone XIV a «disarmare le parole», sottolineando che la pace deve iniziare dalla vita quotidiana e dal rifiuto della violenza verbale.

L’album della Repubblica: dalle donne al lavoro

Ripercorrendo la storia nazionale in vista del 2026, il presidente ha gerarchizzato i momenti decisivi dell’identità italiana: il voto alle donne, indicato come il primo «segno dell’unità di popolo» che ha conferito alla Repubblica un carattere democratico indelebile; il miracolo economico e il lavoro con il ruolo degli operai e l’importanza dello Statuto dei lavoratori, richiamando con forza la necessità di garantire «sicurezza sul lavoro e equità delle retribuzioni»; lo Stato sociale (Mattarella ha citato il Servizio sanitario nazionale come conquista decisiva per l’universalità delle cure e la dignità della persona); la lotta alle mafie con un passaggio solenne dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, definiti simboli della legalità che continuano a ispirare le nuove generazioni nel contrasto alla criminalità.

Le istituzioni contro il terrore e il ruolo della cultura

Il capo dello Stato non ha omesso le pagine più buie, ricordando la «notte della Repubblica» segnata dalle stragi e dal terrorismo. Ha reso omaggio a magistrati, giornalisti e soccorritori caduti per difendere le istituzioni, ribadendo che l’Italia ha prevalso grazie all’unità delle forze politiche e sociali.

Un riferimento specifico è stato rivolto anche al servizio pubblico affidato alla Rai, definito presupposto essenziale per il pluralismo, e allo sport come strumento di inclusione. In vista dei Giochi di Milano-Cortina, Sergio Mattarella ha ricordato come l’Italia sia stata pioniera nelle Paralimpiadi già a Roma ’60, vedendo nello sport un «potente antidoto alla violenza giovanile e alle droghe».

Il messaggio ai giovani

Mattarella ha chiuso con un messaggio ai più giovani: «Abbiamo di fronte problemi vecchi e nuovi, accresciuti dall’incertezza del contesto internazionale che attraversiamo», ha affermato. «Entriamo – ha proseguito – in un tempo in cui tutto diventa globale e interdipendente, dall’economia, all’ambiente, al clima, alle rivoluzioni tecnologiche che investono le nostre vite, ai rischi delle pandemie, alle reti del terrorismo integralista. Ma nessun ostacolo è più forte della nostra democrazia. Desidero ricordarlo a tutti noi e rivolgermi, particolarmente, ai più giovani».

A loro Mattarella ha detto: «Qualcuno, che vi giudica senza conoscervi davvero, vi descrive come diffidenti, distaccati, arrabbiati: non rassegnatevi. Siate esigenti, coraggiosi. Scegliete il vostro futuro. Sentitevi responsabili come la generazione che, ottanta anni fa, costruì l’Italia moderna».

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