Da Bruxelles avevano annunciato contromisure «forti e proporzionate» alla notizia del lancio dei dazi da parte degli Stati Uniti e così è stato. Dal primo aprile l’Unione europea risponderà ai dazi del 25% su acciaio e alluminio imposti dal presidente Usa, Donald Trump, ed entrati in vigore dal 12 marzo con tariffe applicate alle merci statunitensi per un valore totale che potrebbe arrivare a toccare i 26 miliardi di euro. È l’inizio dell’ennesima guerra commerciale, dopo quelle in corso tra gli Stati Uniti e Canada, Messico e Cina. «Le tariffe Usa sono tasse per le aziende e ancora peggio per i consumatori. Portano incertezza per l’economia, i posti di lavoro sono in gioco», ha affermato la presidente della Commissione. «Le contromisure che adottiamo sono forti ma proporzionate», ha sottolineato ancora Von der Leyen ribadendo comunque la completa disponibilità dell’Ue alle trattative.
Non dazi, ma accordi
Sulla stessa linea di pensiero anche il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa secondo cui quello di cui ci sarebbe bisogno non sono i dazi, ma più accordi commerciali. «I dazi sono tasse per aziende e cittadini, aumentano solo l’inflazione – ha dichiarato da Berlino durante un incontro con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz – Abbiamo già abbastanza guerre nel mondo, dobbiamo fermare quelle che ci sono e non crearne una commerciale». La contromossa europea avverrà in due fasi distinte. I dazi europei operativi da inizio aprile coinvolgeranno in un primo momento barche, barboun, le moto americane e i jeans. Per quanto riguarda, invece, la seconda fase delle tariffe sui prodotti americani bisognerà attendere il voto degli Stati membri. Entrerebbero in vigore, in ogni caso, il 13 aprile e riguarderanno vari prodotti industriali, agricoli e di allevamento, dall’alluminio all’acciaio, fino agli elettrodomestici, gli utensili per la casa, pollame, uovo, alcuni frutti di mare, zucchero e verdure.
I dazi già imposti da Trump
Non è la prima volta che Trump impone dei dazi ai prodotti comunitari. Il presidente a stelle e strisce, durante il suo primo mandato alla guida del Paese, aveva colpito le esportazioni di metalli dell’Ue (acciaio e alluminio) per circa 7 miliardi di dollari, per motivi di sicurezza nazionale. Non è un caso che la presidente della Banca Centrale europea, Christine Lagarde, già presidente in quegli anni trovi un risvolto «positivo» alla mossa americana, in un contesto geopolitico oggi mutato. «Frammentazione commerciale e aumento della spesa per la difesa potrebbero spingere l’inflazione verso l’altro, ma i dazi statunitensi potrebbero anche ridurre la domanda di esportazioni dell’Ue e reindirizzare l’eccesso di capacità produttiva dalla Cina verso l’Europa, facendo diminuire l’inflazione», ha commentato Lagarde.