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Dazi, prove d’intesa tra Ue e Usa si negozia per l’aliquota al 15%. Tokyo investirà miliardi

A Tokyo possono finalmente esultare, dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di un accordo tra i due Paesi sul nodo delle tariffe, raggiunto dopo lunghi mesi di intensi negoziati e otto round di colloqui mirati. Alla fine, quindi, non è stato previsto un taglio netto dei dazi per l’export nipponico negli States,…
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A Tokyo possono finalmente esultare, dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di un accordo tra i due Paesi sul nodo delle tariffe, raggiunto dopo lunghi mesi di intensi negoziati e otto round di colloqui mirati. Alla fine, quindi, non è stato previsto un taglio netto dei dazi per l’export nipponico negli States, ma una riduzione comunque sostanziosa, dal 25% al 15%. Un’intesa importante per il più importante degli alleati americani nel contesto asiatico, che ha toccato soprattutto il mondo dell’automotive, che avrebbe particolarmente sofferto delle gabelle. Il settore, infatti, in Giappone vale da solo un quarto del valore delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Tokyo, in risposta all’accordo, ha promesso investimenti negli Usa fino a un massimo di 550 miliardi di dollari.

Il risultato dei negoziati

«Per la prima volta il Giappone apre il suo mercato agli Stati Uniti, persino ad auto, Suv, camion, all’agricoltura e al riso», ha scritto Trump sul suo social Truth. Il presidente americano ha tenuto a precisare, inoltre, che il libero mercato giapponese sarà motivo di profitto tanto quanto gli stessi dazi. Un risultato «ottenuto solo grazie al potere delle tariffe», ha chiarito, sottolineando la sua linea di elargire tariffe per (quasi) tutti i Paesi per poi obbligarli a sedersi al tavolo dei negoziati. «Questo accordo creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro, non c’è mai stato nulla di simile», ha scritto ancora sui social Trump.

I punti dell’accordo

Se da Washington l’intesa con Tokyo è stata festeggiata a dovere, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba, rispondendo ai giornalisti in conferenza stampa non si è sbilanciato, dicendo che riceverà notizie sui dettagli dal capo negoziatore Ryosei Akazawa, che è a Washington, e li esaminerà attentamente. Lo riporta la tv giapponese Nhk. In ogni caso, Ishiba si è detto fiducioso che il nuovo accordo porterà vantaggi ad entrambe le parti e favorirà la loro collaborazione. Il premier ha snocciolato i punti dell’accordo, al di là della riduzione della tariffa. «Il Paese aumenterà le importazioni di riso dagli Usa, ma restando entro la quota di circa 770mila importate ogni anno dall’estero, esenti da dazi», ha affermato. Nessuna penalizzazione per il settore dell’agricoltura. «Ci siamo impegnati in negoziati per proteggere quello che va protetto e raggiungere un accordo che risponda agli interessi nazionali di entrambi i Paesi – ha detto ancora il premier ai giornalisti – Sono i dazi più bassi tra i Paesi che hanno un surplus commerciale con gli Usa».

Bruxelles tratta con Washington Pronte contromisure da 93 miliardi

L’accordo sui dazi strappato dal Giappone agli Stati Uniti, dopo mesi di negoziati, ha in qualche modo destabilizzato l’Unione europea, in tour verso Giappone e Cina per stringere accordi per la competitività. Da Bruxelles, nonostante manchino pochi giorni alla scadenza fissata dal presidente Usa, Donald Trump, per stringere un’intesa sulle tariffe imposta al 30%, la linea resta quella della diplomazia, anche se inevitabilmente si sta pensando a lanciare le contromisure, in partenza teoricamente dal prossimo 7 agosto. «Sebbene la nostra priorità siano i negoziati, continuiamo parallelamente a prepararci a tutti gli esiti, comprese eventuali contromisure aggiuntive – ha spiegato il portavoce della Commissione europea con delega al Commercio, Olof Gill – Per rendere le nostre contromisure più chiare, semplici e più efficaci, uniremo le liste 1 e 2 in un’unica lista e la sottoporremo agli Stati membri per l’approvazione». Un’unica lista, presentata ieri in mattinata, con l’elenco dei controdazi su una serie di prodotti americani, dal valore complessivo di 93 miliardi di euro e che va ad accorpare le due precedenti liste presentate da palazzo Berlaymont, rispettivamente di 21 e 72 miliardi di euro.

Trattative ancora in corso

Le trattative, intanto, continuano. Ieri il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, ha avuto un colloquio con il segretario al Commercio statunitense, Howard Lutnick. Al momento, stando a fonti interne all’esecutivo Ue, la quota su cui si starebbe cercando un’intesa sarebbe quella del 15%. Una riduzione, in previsione, che se andasse in porto dimezzerebbe in un colpo solo la tariffa imposta all’export europeo negli States. Restano, ovviamente, i dubbi dall’altra parte del tavolo negoziale. Washington starebbe premendo su Bruxelles per escludere dall’applicazione di alcune disposizioni dei regolamenti europei aziende big tech e del settore farmaceutico.

Berlino a fianco di Parigi

Cambio di posizione per la Germania sulla risposta più aggressiva, che secondo il Financial Times, andrebbe ad affiancarsi alla Francia. Parigi e Berlino starebbero quindi lavorando in fronte comune per fare pressing sugli altri Stati dell’Unione per ottenere l’appoggio alle contromisure approntate dalla Commissione e, in previsione, per l’attivazione del cosiddetto meccanismo Ue anti coercitivo. Uno strumento mai utilizzato prima, che consentirebbe a Palazzo Barlaymont di impedire alle società Usa di partecipare a aste pubbliche, di revocare protezioni sulla proprietà intellettuale e di imporre restrizioni su importazioni e importazioni. S.D.

Meno dazi, più competitività. La missione nipponica dell’Ue

Alla luce di un possibile mancato accordo con gli Stati Uniti, l’Unione europea sta provando a trovare in Asia alternative commerciali, gestendo colloqui in particolare con il Giappone ieri e oggi con la Cina. Una mossa essenzialmente azzeccata, che è stata però bruciata in parte sul tempo dal presidente degli Stati Uniti, che poche prima dell’inizio del summit a Tokyo, ha annunciato un accordo proficuo sui dazi. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen accompagnata dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, hanno portato a casa comunque un risultato con il primo ministro giapponese, Shigeru Ishiba: un’«Alleanza per la competitività». Un primo passo per incrementare gli scambi bilaterali, contrastare le pratiche sleali e promuovere l’innovazione. La presidente von der Leyen, a conti fatti, non ha potuto far altro che congratularsi con la parte giapponese per il «grande successo» raggiunto dalla loro delegazione. Quasi un mea culpa rispetto a un accordo, che per gli europei stenta ancora ad arrivare.

Per la competitività

L’Unione, in definitiva, sta cercando nel mondo asiatico una sponda per poter iniziare un confronto che riguardi la competitività tra le due parti del mondo. Lo ha ribadito la presidente della Commissione durante il suo intervento, rilanciando la firma dell’alleanza. «Europa e Giappone rappresentano un quinto del Pil globale e un mercato di 600 milioni di persone. Abbiamo quindi la dimensione necessaria per plasmare le regole globali in materia di commercio e tecnologia, in linea con i nostri valori di equità e apertura», ha sottolineato von der Leyen.

Gli obiettivi dell’Unione

Come detto, l’Alleanza sarà fondata essenzialmente su tre pilastri, a partire dall’aumento degli scambi bilaterali, a seguire il rafforzamento della sicurezza economica e l’innovazione e infine le transizioni verde e digitale. Un risultato, in ogni caso, notevole, che va al di là dell’economia e che vede il Giappone come il primo Paese al di fuori del continente europeo a chiudere con l’Ue un Partenariato per la Sicurezza e la Difesa. L’anno prossimo, poi, sarà avviato il primo dialogo industriale per la difesa Ue-Giappone. «In un mondo di crescente incertezza, stiamo anche intensificando gli sforzi congiunti per rafforzare la sicurezza e la resilienza economica», ha confermato il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Dopo gli obiettivi raggiunti a Tokyo nelle prossime ore i due rappresentanti dell’Unione saranno a Pechino, per cercare di intavolare una nuova forma di dialogo con la Cina di Xi Jinping. Senza dubbio una sfida più difficile.

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