Ancora una volta è il tema dei dazi a prendersi la scena in occasione della relazione annuale di Bankitalia, durante le considerazioni finali del governatore Panetta. Perché «l’inasprimento delle barriere doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio» e negli Usa «l’effetto stimato è circa il doppio», mentre le tariffe oggi in vigore «potrebbero ridurre il commercio internazionale di circa il 5%». Ma soprattutto perché siamo di fronte a una «crisi profonda» degli equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni, non un «malessere temporaneo» ma il «sintomo di un logoramento» dei rapporti politici ed economici internazionali con radici profonde. E con il rischio che il commercio diventi «una fonte di divisione, alimentando l’instabilità politica e mettendo a repentaglio la pace». E dunque «dobbiamo prepararci a navigare in queste acque incerte – dice Panetta – senza rinunciare ai nostri valori e senza restare indietro».
Il clima di incertezza
Incertezza è la parola chiave di questi tempi, in cui «il dollaro come architrave del sistema monetario internazionale è messo in dubbio» e l’Ue rimane un baluardo dello Stato di diritto ma «non può permettersi di rimanere ferma». La priorità è rafforzare l’autonomia strategica con «interventi rapidi e strutturali» tra cui «un vero e proprio patto per la produttività». Un titolo comune europeo, stima Bankitalia, attiverebbe investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro all’anno e aumenterebbe il Pil dell’1,5%, fino a tre volte di più se i nuovi investimenti fossero destinati a progetti ad alto contenuto tecnologico. Mentre sulla Difesa serve «un programma unitario, sostenuto da debito europeo», anche perché «a livello nazionale, gli investimenti per la crescita e la spesa sociale non devono essere penalizzati dallo sforzo per la sicurezza esterna».
Il nodo salari
Quanto all’Italia mostra «una ritrovata vitalità economica» ma resta un problema di produttività, con il valore reale dei salari inchiodato al di sotto di quelli del 2000. Nonostante le difficoltà «l’industria italiana non è destinata al declino», ha solide fondamenta che «vanno rafforzate», anche affrontando il problema del caro energia su cui «più che altrove in Europa è urgente intervenire». Un altro elemento è quello della partecipazione al mercato del lavoro, che va aumentata per attenuare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione e della bassa natalità: anche nello scenario più favorevole dell’occupazione femminile si riuscirebbe al massimo a compensare il calo della popolazione attiva. E dunque bisogna attrarre gli italiani che lasciano il Paese – 700mila gli emigrati negli ultimi 10 anni – ma anche puntare all’immigrazione regolare che «può fornire un apporto rilevante» che «può estendersi alle attività a maggior valore aggiunto, a condizione che si riesca ad attrarre profili qualificati».
Il capitolo Pnrr
Monito anche sul Pnrr, per il quale «l’Italia ha finora ricevuto 122 miliardi di euro e ne ha utilizzati oltre la metà. Il pagamento delle prossime rate dipenderà dal raggiungimento di obiettivi relativi alla realizzazione di opere pubbliche» su cui esistono dei ritardi. Ma «in una fase di debolezza ciclica è essenziale procedere con determinazione nella loro attuazione» visto che gli interventi previsti per il 2025-26 potrebbero innalzare il Pil dello 0,5 per cento. Sulle banche Panetta osserva che «i dati di bilancio e le valutazioni confermano la forza del sistema italiano» e prevede che «nel prossimo biennio l’aumento del flusso di prestiti deteriorati alle imprese dovrebbe rimanere contenuto».