I dazi commerciali tornano al centro della scena globale e si preparano a colpire in pieno le famiglie italiane. L’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea apre infatti una nuova fase di tensioni tariffarie e aumenti nei prezzi al consumo per almeno 2,55 miliardi di euro.
I primi effetti concreti si stanno già facendo sentire, in particolare sui beni di largo utilizzo e sull’energia. Il caso emblematico riguarda i prodotti tecnologici: il prezzo degli iPhone, pur essendo assemblati in Cina, salirà a causa dell’impatto incrociato dei dazi tra Usa e Pechino. Sorte analoga per capi d’abbigliamento come i jeans Levi’s made in Usa, destinati a costare di più.
Le vacanze negli Stati Uniti potrebbero, invece, diventare più convenienti per gli europei, a fronte di una flessione del dollaro (quasi costante dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca) e della volontà americana di incentivare il turismo.
I rincari
Ma la vera emergenza arriva dal fronte energetico. L’intesa transatlantica comporta un incremento degli acquisti europei di Gnl americano, più costoso rispetto al metano nordafricano o a quello che arrivava dalla Russia. Le conseguenze sono già visibili: sulla piazza Ttf di Amsterdam, il gas naturale ha toccato i 33,82 euro al megawattora, in crescita del 2,8%. Un balzo legato all’accordo Ue-Usa e al caldo record previsto in Asia, che aumenta i consumi di metano per l’uso dei climatizzatori.
L’effetto per l’Italia sarà una bolletta energetica più cara, con ripercussioni dirette sui bilanci familiari. Secondo le stime, un dazio medio al 15% può far salire l’inflazione dello 0,3%, traducendosi in un aggravio da 2,55 miliardi di euro l’anno. Ma se l’impatto sarà più forte, con un’inflazione dello 0,5%, la spesa aggiuntiva annuale per le famiglie italiane salirebbe a 4,23 miliardi.
A lanciare l’allarme è anche il Codacons, che segnala un ulteriore rischio: «L’aumento dell’inflazione potrebbe spingere la Bce a rivedere la sua politica monetaria» provocando rialzi dei tassi d’interesse. Il risultato? Mutui a tasso variabile e finanziamenti indicizzati sempre più onerosi.
La deviazione del mercato
Nel frattempo, l’economista Domenico Lombardo (Luiss) sottolinea un altro possibile scenario: dazi più alti contro la Cina potrebbero spingere Pechino a inondare l’Europa di prodotti a basso costo, con un effetto deflattivo su alcuni beni, soprattutto nel settore dell’elettronica o dell’abbigliamento economico. Ma a pagare il prezzo più alto potrebbero essere i settori agroalimentare e automotive, pilastri dell’export italiano, che rischiano un contraccolpo violento se le esportazioni verso Usa e Cina venissero penalizzate da tariffe incrociate. Non tutto, però, aumenterà.
L’Unione Europea ha infatti deciso di sospendere i controdazi su una parte consistente dell’import americano, pari a circa 25,9 miliardi di euro l’anno. A beneficiare di questa misura saranno prodotti come cosmetici, borse e videogiochi, ma anche formaggi, salmone, frutta secca, succhi di frutta, vodka, whisky, bourbon, rum, giochi per bambini, trattori, ricambi per biciclette, oltre ai Suv statunitensi e alle Harley-Davidson.