L’ennesima tregua mancata tra Hamas e Israele, con l’abbandono dal tavolo negoziale da parte di quest’ultimo, sta complicando sempre più la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza e sembra che non interessi molto, complicandosi sempre più. Secondo l’ufficio governativo per i media di Gaza, in mano al movimento palestinese, 100mila bambini di età non superiore ai due anni rischiano di morire entro pochi giorni a causa di quello che hanno definito «un disastro umanitario senza precedenti provocato da Israele».
A mancare nella Striscia è il latte per i bambini e gli integratori nutrizionali, hanno scritto dall’ufficio governativo. «Siamo di fronte a un’attesa e deliberata uccisione di massa che viene lentamente commessa contro i neonati allattati dalle madri con acqua invece che con latte per bambini per giorni, come risultato della politica di fame e sterminio perseguita dall’occupazione israeliana», è l’appello lanciato da Hamas.
Rifornire Gaza dall’alto?
Intanto, Regno Unito, Francia e Germania, gli E3, dopo un colloquio telefonico nel quale hanno sottolineato l’impegno per superare la crisi umanitaria nella Striscia, hanno rilanciato l’idea di un piano congiunto con altri Paesi dell’area come la Giordania, per la distribuzione aerea degli aiuti umanitari. Una procedura nuovamente autorizzata lo scorso venerdì dal governo israeliano per rispondere alle polemiche della comunità internazionale, ma già criticata a suo tempo dall’Urnwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, la quale è tornata a criticarla.
«Sono operazione costose, inefficienti e possono persino uccidere civili affamati», ha scritto su X il commissario dell’ente Philippe Lazzarini, parlandone nei termini di una distrazione da parte del governo israeliano. «C’è solo un modo per risolvere la crisi: togliere l’assedio, aprire i valichi e garantire spostamenti sicuri e un accesso dignitoso alle persone in difficoltà – ha assicurato – Oltre a consentire all’Onu, incluso Unrwa, e ai nostri partner di operare su larga scala e senza ostacoli burocratici o politici».
Una narrazione israeliana
Per Israele, infatti, il lancio degli aiuti dall’alto farebbe parte di una narrazione secondo cui è Hamas stesso a rubare gli aiuti umanitari, sottraendoli alla popolazione. Versioni di cui lo Stato ebraico però non ha alcun riscontro e che si servirebbe per difendere l’operato della Gaza Humanitarian Foundation, «unica» responsabile della distribuzione dei beni all’interno della Striscia.
La Flotilla ci ha riprovato
Parlando di aiuti a Gaza, non si può non ricordare l’impegno dimostrativo dell’Ong Freedom Flotilla Coalition, che dopo il fermo della nave Madleen con a bordo l’attivista svedese Greta Thumberg, hanno riprovato a salpare dall’Italia verso la Striscia per portare beni di prima necessità e mostrare alla comunità internazionale quello che sta accadendo.
A bordo 21 attivisti di dieci nazionalità diverse, tra cui due italiani, lo skipper barese Tony La Piccirella e il blogger siciliano Antonio Mazzeo. Ad alcune miglia nautiche dalle acque di fronte Gaza, controllate dall’esercito israeliano, l’imbarcazione, la Handala, è stata prima intercettata da un drone e poi bloccata da una nave della Marina Militare israeliana. Gli attivisti dovrebbero essere portati nel porto di Ashod per poi essere arrestati e rimpatriati, come già successo l’ultima volta.