Come ogni anno in autunno esce un libro di Bruno Vespa, da ieri in vendita, all’interno del quale ci sono anche alcuni retroscena sulle vicende politiche nazionali. In “Hitler e Mussolini – L’idillio fatale che sconvolse il mondo (e il ruolo centrale dell’Italia nella nuova Europa)”, questo il titolo del volume, nel settimo capitolo si parla del percorso che ha accompagnato la nascita della nuova Commissione europea e soprattutto la nomina di Raffaele Fitto quale vicepresidente esecutivo, a partire dalla relazione tra Giorgia Meloni, Manfred Weber e Ursula Von der Leyen.
La versione di Vespa
«Nonostante l’opposizione continuasse a sostenere che l’Italia e Meloni erano isolate in Europa, a fine agosto Weber, presidente del Partito popolare europeo e capogruppo del Ppe a Strasburgo, ha avuto lunghi colloqui a Roma con la premier e Fitto. E il 10 settembre ha dichiarato: “Fitto è un amico. Il Ppe non ha dubbi, l’Italia deve essere ben rappresentata”. Così il 17 settembre il ministro per gli affari europei e le politiche di coesione è stato indicato tra i sei vice della presidente Von der Leyen”, spiega Vespa. «La sua delega – prosegue il racconto – è per la Coesione e le Riforme con un portafoglio di 392 miliardi, di cui 43 destinati all’Italia.
In una nazione come l’Italia, che presenta squilibri fortissimi tra Nord e Sud, si tratta di un capitolo fondamentale a cui aggiungere il Pnrr che Fitto conosce perfettamente e sa che la spesa degli Stati membri deve essere effettuata entro il 2026 e, con le eterne difficoltà italiane, avere uno stimolatore-controllore amico non è poco, nonostante questa responsabilità debba condividerla con il lettone Valdis Dombrovskis, commissario all’economia, ma non vicepresidente». Fitto «contribuirà a guidare il lavoro per rafforzare la competitività, la resilienza e la sostenibilità nel settore alimentare e agricolo», sottolinea Vespa.