Cop28 tra speranze e polemiche: i Paesi puntano sul nucleare

Parte in salita, tra speranze, obiettivi importanti ma soprattutto polemiche, la Cop28, la Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che punta a cercare di raggiungere un accordo tra tutti i Paesi per limitare il riscaldamento globale e i suoi impatti.

Giunta per l’appunto alla ventottesima edizione, quest’anno la Conferenza si svolge da oggi e fino al 12 dicembre a Expo City a Dubai: due settimane dense di appuntamenti, dibattiti, grandi ambizioni e controversie. Sono 198 le parti in campo (197 Stati più l’Unione Europea) – quasi tutto il consesso internazionale – e 70mila i delegati, i ministri e gli alti funzionari attesi. Tra essi, il re Carlo III, il primo ministro britannico Rishi Sunak, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Papa
Ventidue Paesi hanno chiesto di triplicare l’energia nucleare entro il 2050 per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette. Lo riporta il Guardian, citando John Kerry, inviato americano per il clima, che ha spiegato che “non stiamo sostenendo che questa sarà assolutamente un’alternativa radicale a ogni altra fonte di energia.

Ma sappiamo da prove scientifiche che non è possibile arrivare allo zero netto nel 2050 senza il nucleare. Questa è solo una realtà scientifica”. Tra i firmatari della dichiarazione compaiono Bulgaria, Canada, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Finlandia, Francia, Ghana, Giappone, Moldavia, Mongolia, Marocco, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ucraina, Ungheria, Regno Unito e Stati Uniti.

Da parte sua, l’organizzazione 350.org di Bill McKibben ha dichiarato: «Non c’è spazio per una pericolosa energia nucleare per accelerare la decarbonizzazione necessaria per raggiungere l’obiettivo climatico di Parigi… non è altro che una pericolosa distrazione. Il tentativo di un ‘rinascimento nucleare’ condotto dai lobbisti delle industrie nucleari a partire dagli anni 2000 non ha mai avuto successo: è semplicemente troppo costoso, troppo rischioso, troppo antidemocratico e richiede troppo tempo. Abbiamo già soluzioni più economiche, più sicure, democratiche e più rapide alla crisi climatica, e queste sono le energie rinnovabili e l’efficienza energetica».

Al bando ogni radicalismo sul clima per una transizione che sia «ecologica ma non ideologica perché, se finisse per gravare sulle spalle dei cittadini, il cammino verso un pianeta ‘pulito’ sarebbe inevitabilmente condannato a fallire. Per questo, l’addio ai combustibili fossili deve avvenire “in tempi sostenibili».

La premier Giorgia Meloni, intervenendo in plenaria alla Cop28 di Dubai, rivendica l’approccio “pragmatico” dell’Italia, non preclude la strada del nucleare – caldeggiata da 22 Paesi, tra cui Usa e Francia, che al summit mondiale del clima chiedono che la produzione di energia atomica venga triplicata- ma puntualizza che la “sfida”, in questo campo, è soprattutto quello della fusione, in cui l’Italia potrebbe primeggiare.

«È un momento chiave del nostro sforzo per contenere la crescita delle temperature entro 1,5 gradi – esordisce la presidente del Consiglio a stretto giro dall’intervento di Papa Francesco, il grande assente alla Cop28, letto dal Segretario di Stato Pietro Parolin -. Anche se ci sono ragioni per essere ottimisti, l’obiettivo è lontano. La Cop28 deve essere una svolta«. L’Italia, ha assicurato Meloni, «sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione, lo fa in modo pragmatico, con un approccio di neutralità tecnologica, libero dal radicalismo, l’unica strada possibile se vogliamo essere efficaci».

Assieme alla Francia, Roma svetta alla Cop28 per il contributo al ‘Loss and damage’, il fondo per i paesi vulnerabili costretti a pagare le conseguenze di un’industrializzazione ‘selvaggia’ decisa e portata avanti da altri: l’Italia verserà 100 milioni, con un’attenzione particolare all’Africa. Tassello di un puzzle più grande, quello del Piano Mattei che il governo porta avanti.

«Non chiamatela conferenza sul clima: la Cop 28, così come tutte le sue edizioni precedenti, non è pensata per trovare delle soluzioni reali alla crisi climatica e al futuro dell’umanità», da questa netta posizione prende forma la prima Earth Social Conference, la contro conferenza in Colombia in cui fino ad oggi ci saranno assemblee sul conflitto in Medio Oriente, sulle nuove forme di colonizzazione e sul ruolo delle organizzazioni nella crisi climatica.

«Chiediamo a tutti i ‘realisti’ del clima di rifiutare il loro invito alla Cop 28 e di unirsi a noi per la prima Earth Social Conference a dicembre»: con questo invito attivisti e gruppi di tutto il mondo hanno chiamato a raccolta quanti preferiscono boicottare la Cop 28 e organizzare una conferenza alternativa.

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