Continua a salire il numero di civili uccisi nelle regioni costiere siriane dalle milizie filogovernative agli ordini dell’autoproclamato presidente Ahmad Sharaa, conosciuto anche con il nome di guerra Al Jolani. Stando ai numeri forniti dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, con sede nel Regno Unito, a partire dallo scorso giovedì, giorno di inizio degli scontri nella provincia costiera di Latakia, il numero totale di morti sarebbe salito a 524, di cui quasi una metà membri delle forze di sicurezza e uomini fedeli al vecchio regime. Secondo la stessa organizzazione quello in corso sarebbe il peggior attacco dalla fine della dittatura di Bashar al Assad, portato avanti con operazioni di rastrellamento e scontri. Le autorità siriane hanno arrestato anche Ibrahim Houayia, alto ufficiale militare, accusato dell’assassinio di diversi oppositori di Assad.
La minoranza alawita
Le vittime, in particolare, rientrerebbero nella minoranza alawita, una setta religiosa di derivazione islamica sciita di cui fanno parte lo stesso ex dittatore Assad e i suoi collaboratori. Gli alawiti assunsero un ruolo sempre più importante in Siria in seguito alla presa del potere, a partire dal 1970, di Hafiz al-Assad. «Daremo la caccia ai residui del regime di al-Assad e li porterò a processo» è stata la dichiarazione d’intenti del presidente ad interim siriano, al-Sharaa, il quale ha ribadito che le operazioni militari proseguiranno fino alla completa eliminazione delle forze lealiste.
La fuga dei rifugiati
L’avanzata delle truppe di al-Sharaa nella regione costiera a pochi chilometri dalla città di Homs, oltre che l’intensificarsi della violenza nell’area, starebbe portando molti siriani ad abbandonare le loro case in direzione del vicino Libano. Come riferisce il deputato libanese Saji Atiyah, la principale destinazione dei rifugiati, in prevalenza alawiti, è la provincia settentrionale di Akkar. Una situazione che alla lunga potrebbe complicare le già gravi condizioni nel Paese.
Le reazioni
L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Geir Pedersen, ha dichiarato di essere «profondamente allarmato» per gli scontri in atto e soprattutto per il gran numero di vittime civili. La Croce Rossa internazionale, in un post su X, ha invitato le parti a garantire «un accesso senza ostacoli ai soccorsi e a proteggere i centri medici. I soccorritori e gli operatori umanitari «devono avere un accesso sicuro per fornire assistenza medica e trasportare i feriti e i morti». L’escalation ha scosso anche i Paesi vicini. La Lega Araba ha condannato gli attacchi in corso, anche se ha ribadito che qualsiasi interferenza esterna potrebbe esacerbare la guerra civile. L’organizzazione ha ribadito il suo sostegno per una Siria unita e sovrana. Voci più critiche sono arrivate invece da Arabia Saudita e Israele.