Si è aperta a Belém, nel cuore dell’Amazzonia, la trentesima Conferenza Onu sul clima. Un vertice simbolico, dieci anni dopo l’Accordo di Parigi, ma anche carico di contraddizioni. Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha inaugurato la COP30 invocando «la sconfitta dei negazionisti» e la fine della dipendenza dai combustibili fossili. Al centro del summit, che riunisce oltre 50mila partecipanti da tutto il mondo, la proposta del Tropical Forest Forever Facility, un fondo da oltre 5 miliardi di dollari per la conservazione delle foreste tropicali, già sottoscritto da più di 50 Paesi.
«Questa deve essere la COP dell’attuazione», ha dichiarato il presidente della Conferenza André Corrêa do Lago, invitando le delegazioni a passare dalle parole ai fatti. Ma l’assenza degli Stati Uniti, che sotto Trump hanno definito la crisi climatica «un falso», pesa sul negoziato. Anche Cina, Russia e India hanno disertato il pre-vertice dei leader.
Duro l’allarme del segretario generale dell’Onu António Guterres: «Abbiamo fallito l’obiettivo di contenere il riscaldamento entro 1,5°C. Ogni frazione di grado in più porterà fame, sfollamenti e instabilità». L’Unicef, intervenendo con la direttrice Catherine Russell, ha ricordato che la crisi climatica è «una crisi dei diritti dei bambini»: entro il 2050 potrebbero registrarsi altri 60 milioni di casi di malnutrizione infantile.
L’Italia partecipa con uno stanziamento complessivo di 3,44 miliardi di euro per la transizione energetica. Il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha ribadito la necessità di «partenariati efficaci e una transizione giusta».
Tra speranze e tensioni, Lula invita a un nuovo patto globale per salvare la cooperazione climatica: «Non servono più slogan, ma coraggio politico e azioni concrete».









