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Caso Almasri, l’Anm replica a Nordio: «L’indagine non è contro la riforma»

Temi caldi hanno animato il Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati che si è tenuto ieri a Roma. Dal caso Almasri che ha coinvolto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, alla situazione drammatica in cui versano le carceri, passando ovviamente per la riforma in discussione al Senato che prevede anche la separazione delle carriere per i magistrati.

L’attacco al ministro

L’associazione nazionale dei magistrati ha rimandato, senza se e senza ma, al mittente le accuse secondo cui le polemiche attorno alla gestione del caso Almasri (il generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale e non consegnato dall’Italia dopo l’arresto) da parte del governo siano costruite ad arte per impedire la riforma della Giustizia. «Non accetteremo il tentativo, già operato goffamente dal ministro Nordio, di sostenere che l’accertamento della verità sulla vicenda Almasri è un’operazione per contrastare la riforma costituzionale. È un’accusa falsa e offensiva», ha affermato il segretario dell’Anm Rocco Maruotti intervenuto nell’assemblea di ieri. Il segretario del sindacato delle toghe ha aggiunto che ciò che preoccupa «non è l’esito della vicenda: credo sia abbastanza cristallizzato il fatto che vi è una responsabilità politica, che vuol dire semplicemente che il Governo si è assunto la responsabilità di una decisione. Ci auguriamo che non ne conseguano anche responsabilità penali, che sono quelle eventuali sulle quali sta facendo i suoi accertamenti il Tribunale dei ministri. Quello che invece ci preoccupa sono le dichiarazioni del ministro Nordio in cui tentava in maniera un po’ goffa di vedere in questo accertamento della verità a cui il tribunale dei ministri è obbligato, un tentativo della magistratura nel suo complesso di mettere il bastone tra le ruote del Governo per contrastare la riforma costituzionale della magistratura», ha concluso Maruotti.

L’intervento

Sulle responsabilità addossate alle toghe è intervenuto anche il presidente dell’Anm Cesare Parodi. In particolare il fallimento della gestione del Pnrr in tema di giustizia, soprattutto la riduzione del 40% dei tempi per i processi civili. «Non voglio anticipare un giudizio su quella che è ancora un’ipotesi di lavoro. Noi ci preoccupiamo dell’impostazione del problema: non vorrei mai – il timore ce l’ho e spero non accada – che si venga poi a dire che il mancato raggiungimento degli obiettivi è stato colpa dei magistrati perché non è così. Se i magistrati avessero avuto a disposizione personale amministrativo, una geografia giudiziaria più razionale, degli organici adeguati, questi obiettivi sarebbero stati raggiunti – conclude Parodi – Oggi chiedono al Csm di trovare delle soluzioni, i magistrati non si tireranno indietro, il Csm ha fatto e farà delle sue valutazioni e non potrà fare miracoli perché stiamo parlando di un arco temporale breve, di una quota da integrare elevata perché la quota iniziale è stata fissata dal precedente governo in termini estremamente elevati e forse non correttamente calcolati».

Gli istituti penali

Si è poi parlato anche di carceri, dato il parere favorevole che il Comitato direttivo centrale dell’Anm ha dato ieri sulla proposta di legge presentata da Roberto Giachetti per risolvere alcuni dei problemi più pressanti del sistema penitenziario italiano. Nel documento si afferma che l’approvazione del disegno di legge «potrebbe alleviare l’incessante incremento delle presenze negli istituti penitenziari non tanto riducendo gli ingressi ma abbreviando la permanenza nei luoghi di detenzione e accorciando i termini per l’accesso a misure di esecuzione penale esterna». E ancora: «la proposta presenta tuttavia alcuni profili critici che renderebbero indispensabili interventi correttivi volti a eliminare frizioni con il quadro costituzionale e ad assicurarne il coordinamento con provvedimenti legislativi nel frattempo varati».

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