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Body shaming, ecco cosa dire e cosa no. La Treccani segnala i termini offensivi

I termini più comuni usati per offendere o deridere l’aspetto fisico delle persone entrano a fare parte del nuovo “Dizionario dell’italiano Treccani 100”, curato dai linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota. Senza moralismi e con rigore critico e scientifico. Allo stesso tempo, però, il vocabolario indica alternative linguistiche più armoniose, che permettono di descrivere…
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I termini più comuni usati per offendere o deridere l’aspetto fisico delle persone entrano a fare parte del nuovo “Dizionario dell’italiano Treccani 100”, curato dai linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota. Senza moralismi e con rigore critico e scientifico. Allo stesso tempo, però, il vocabolario indica alternative linguistiche più armoniose, che permettono di descrivere la realtà con rispetto e senza rinunciare alla precisione. Questa riflessione linguistica si intreccia con un’importante iniziativa legislativa: la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge per istituire la Giornata nazionale contro la denigrazione dell’aspetto fisico delle persone, ora al vaglio del Senato. Una proposta che nasce dall’urgenza di affrontare un fenomeno ormai dilagante, soprattutto tra i più giovani: il body shaming è infatti una delle forme più frequenti di bullismo verbale.

I termini del rispetto

Molti termini usati nel linguaggio quotidiano veicolano giudizi impliciti sull’aspetto fisico. Il Vocabolario Treccani li registra, ma ne segnala la natura offensiva: balena (in tono spregiativo per indicare una persona molto grassa), cicciona/ciccione, lardosa/lardoso (usati anche in tono scherzoso, ma potenzialmente lesivi), fino alla crudele espressione “palla di lardo”, diventata tristemente nota grazie a una scena del film Full Metal Jacket. E non si tratta solo di peso. Il lessico della denigrazione si estende a molteplici caratteristiche fisiche: brufolosa/o (poco gentile, riferito a chi ha la pelle con molti brufoli), mostro, tappo, nasone/nasona, quattrocchi, sgorbio. Espressioni che offendono, deridono, etichettano. E che sono spesso usate dai giovanissimi senza reale consapevolezza del loro impatto. Se alcune parole feriscono, altre possono aiutare a costruire una cultura del rispetto. E proprio questa è la sfida: scegliere termini più neutri, più accurati, più umani. Il vocabolario Treccani propone alternative come sovrappeso, definito come un “eccesso di peso rispetto alla norma” – una descrizione clinica, priva di giudizio. Oppure corpulenta/o, “persona dal corpo grosso, robusto”, che restituisce una fotografia oggettiva, senza connotazioni offensive. L’uso delle parole non è mai neutro: le parole plasmano il pensiero, influenzano le relazioni e contribuiscono a costruire (o distruggere) l’utostima.

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