La Bce ha lasciato i tassi invariati, ma il livello resta comunque eccessivamente elevato per le imprese italiane. L’ultimo rapporto Bankitalia evidenzia il crollo dei prestiti all’economia, in particolare quelli alle imprese, che subiscono il mix degli alti tassi d’interesse praticati e delle condizioni più restrittive di accesso imposte dalle banche.
Ne conseguono un aumento del Taeg (Tasso annuale effettivo globale), il vero parametro di riferimento per valutare “quanto costa il denaro”, e difficoltà sempre maggiori per il sistema produttivo italiano.
Stando all’ultimo rapporto Bankitalia, a ottobre i prestiti del settore privato, già in calo del 3,6% a settembre, sono calati ulteriormente del 3,2% mentre i tassi di interesse sui nuovi prestiti alle imprese sono saliti dal 5,35% al 5,46%. Più nello specifico: i tassi per prestiti fino a 1 milione di euro sono arrivati al 5,95%, mentre sono al 5,17% per i prestiti di importo superiore a tale soglia.
Se si va ad analizzare il crollo dei prestiti, si nota come siano soprattutto le imprese ad essere colpite: la diminuzione, infatti, è stata pari al -1,1% per i consumatori (-0,9 il mese precedente) mentre è stata vertiginosa per le imprese (società non finanziarie) dove, dopo il -6,7% registrato a settembre, si è registrato un ulteriore calo del 5,5%. Uno scenario che rischia di impoverire ulteriormente la demografia delle imprese, già in evidente affanno nel corso di quest’anno. Come riporta l’Istat, nel secondo trimestre 2023 la presenza di nuove imprese è calata del 3,7%. Il dato certifica la tendenza dei precedenti anni e riguarda quasi tutti i settori.
Gli unici comparti in controtendenza sono l’industria in senso stretto (che ha registrato nuove registrazioni di impresa in una misura pari al +2,7%) e il commercio, che risulta stazionario in linea rispetto al primo trimestre di quest’anno. I settori che hanno subito la maggiore contrazione sono il comparto dell’informatica e comunicazione (le nuove iscrizioni di impresa registrano un -8,5%) e quello delle costruzioni (nuove imprese -8% rispetto al trimestre precedente) su cui incide pesantemente la stretta sul Superbonus 110%.
La crescente difficoltà delle imprese ad ottenere finanziamenti evidenziata da Banktialia si ripercuote sulla demografia delle imprese, come dimostra il fatto che la contrazione della densità commerciale sia generata soprattutto dai fallimenti delle imprese. Non solo l’aumento del costo del denaro, ma anche la crisi demografica influisce sulla diffusione delle imprese in Italia. Soprattutto le micro e piccole imprese, infatti, hanno registrato una contrazione dei finanziamenti bancari a fronte dei tassi sempre più elevati.
Come riportato dal Censimento permanente delle imprese 2023 condotto dall’Istat, nel 2022 lo strumento più utilizzato dalle le imprese con almeno 3 addetti è stato quello dell’autofinanziamento: vi hanno fatto ricorso quattro imprese su cinque (80,3%), in netta crescita rispetto al 2011 quando vi facevano ricorso appena due imprese su tre (60,4%), o rispetto al periodo pre-pandemico quando interessava tre imprese su quattro (74,5%). I principali utilizzatori di questo tipo di finanziamento restano le imprese di minore dimensione (82,3% delle microimprese) e, dal punto di vista settoriale, quelle dei servizi.
L’autofinanziamento attinge le risorse dagli utili dell’impresa, ed è quindi una forma di finanziamento accessibile solo alle imprese che non sono in perdita. Chiaramente, con i criteri sempre più rigidi imposti dalle banche e i tassi d’interesse elevati, un’impresa che non riesce ad accedere all’autofinanziamento ha poche possibilità di accedere anche al finanziamento ‘esterno’, ovvero bancario. Una situazione che sta generando maggiori fallimenti e l’allargamento del divario tra piccole e grandi imprese.