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Autonomia differenziata, la politica si divide tra «la legge è morta» e «ora avanti tutta»

Tra i costituzionalisti l’ipotesi che il referendum per abolire la legge sull’Autonomia differenziata fosse giudicato inammissibile dalla Corte costituzionale era diffusa, come racconta subito dopo la sentenza della Consulta che boccia la richiesta referendaria abrogativa Stefano Ceccanti ordinario alla Sapienza di Roma: «come, insieme ad altri, mi era capitato di segnalare, il nodo insuperabile per l’ammissibilità del referendum sull’autonomia riformulato dalla Cassazione era costituito dalla mancanza di chiarezza del quesito che avrebbe portato a un anomalo plebiscito su un articolo della Costituzione».

Le polemiche

Tuttavia, oltre l’aspetto tecnico – giuridico è la parte politica che alza la polemica sul verdetto degli ermellini di piazza del Quirinale.

Secondo Alessandro Alfieri, responsabile riforme del Pd, «la decisione è la naturale conseguenza della sentenza della stessa Corte che a dicembre 2024 ha di fatto demolito la legge sull’autonomia differenziata voluta dal centrodestra», dopo il ricorso di quattro regioni tra cui la Puglia. Entusiaste invece le annotazioni del governatore del Veneto, Luca Zaia, uno dei più decisi sostenitori dell’Autonomia differenziata tra i territori: «con questa nuova sentenza la Corte mette fine alla vicenda referendaria con l’assoluta imparzialità che deve esserle propria.

Questo pronunciamento contribuisce a chiarire ogni dubbio sul percorso dell’autonomia, che continuerà a svilupparsi nel pieno rispetto della Costituzione, delle indicazioni della Consulta e del principio di Unità nazionale, mantenendo al centro i valori di sussidiarietà e solidarietà», proprio quelli contestati dai promotori che intravedevano nella legge Calderoli la disparità tra i diversi territorio. Replica a Zaia, Andrea Martella sempre del Pd che insiste nel ritenere «la legge morta». Mentre Maurizio Gasparri di Forza Italia sottolinea che «la decisione è logica, avendo la Corte indicato dei punti da correggere della legge, cosa che faremo in Parlamento. Pertanto, andiamo avanti con il nostro lavoro di riforme».

A cui fa eco Luca De Carlo di Fratelli d’Italia il quale precisa come «vengano così smentiti mesi di fake news da parte della sinistra».

Il passaggio in Parlamento

Smorza invece i toni Maurizio Lupi, di Noi Moderati: «occorre procedere in Parlamento recependo i rilievi della Corte, in particolare intervenendo sui livelli essenziali di prestazione. Seguiremo quella strada e così un referendum inutile non si farà». A cui fa eco il dem Matteo Ricci, europarlamentare ed ex sindaco di Pesaro: «peccato che il referendum abrogativo sia stato dichiarato inammissibile, perché sono certo che gli italiani si sarebbero espressi per un’Italia unita, mettendo una pietra tombale sulla legge Calderoli. Il parere della Consulta è inequivocabile e va, ovviamente, rispettato. Ora la destra blocchi la legge in Parlamento».

Infine, è da registrare la preoccupazione di Riccardo Magi di +Europa, secondo cui «la decisione apre una questione di maggiore difficoltà rispetto al quorum» da raggiungere per gli altri referendum ammessi.

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