«È una bella giornata e siamo contenti di questo ulteriore passo avanti». Così il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli al termine del voto sugli emendamenti al ddl sull’Autonomia differenziata nella seduta che si è tenuta giovedì scorso nell’aula di Palazzo Madama. Per dopodomani è previsto il voto finale sulla riforma da parte del Senato infatti il ministro ha voluto precisare ai giornalisti: «anche martedì confido che sarà una bella giornata. Qualche giorno in più, dopo decenni di attesa, non cambia la sostanza né la bontà del disegno di legge che applica la Costituzione, così come previsto dal Titolo V. Attendiamo fiduciosi questo passaggio per un provvedimento che, come continuo a ripetere nella mia operazione-verità, non spacca il Paese ma vuole unirlo con la riduzione dei divari, nel segno di responsabilità, trasparenza, buona amministrazione e con la prospettiva di risolvere una volta per tutte sia la questione meridionale, sia la questione settentrionale». Tra gli emendamenti approvati anche quello di FdI, a firma De Priamo, che ha come obiettivo quello che l’Autonomia non venga realizzata a svantaggio di una regione e a vantaggio di un’altra.
«Fra i compiti di questa commissione vi è quello di proporre correttivi per gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità al sistema dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), anche allo scopo di contrastare lo spopolamento e di assicurare servizi sulla base delle specificità demografiche geografiche dei territori. Si tratta di una formulazione normativa di grande interesse – ha puntualizzato Calderoli in merito alla questione degli svantaggi dell’insularità che ha esposto alla Commissione parlamentare -. La legge di bilancio 2023 ha disciplinato un procedimento per la definizione dei Lep concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale negli ambiti materiali interessati dalla possibile attribuzione di forme di autonomia differenziata. Sottolineo il richiamo costituzionale all’interezza del territorio nazionale. Questo significa che i Lep rappresentano una misura dell’eguaglianza, a prescindere dal territorio nei quali i cittadini risiedono, sia insulare o non insulare».
«Ciò che potrà essere corretto – ha aggiunto – è il calcolo dei fabbisogni standard in relazione alle peculiarità delle isole, assicurando che i processi di realizzazione di quelle prestazioni di cui si è identificato un livello essenziale, diano un esito (tendenzialmente) uniforme sul territorio nazionale, incluse le isole (maggiori e minori). Qui dovranno intraprendere i correttivi, mentre i Lep dovranno essere uniformi in tutto il Paese. La Cabina di regia per la determinazione dei Lep, presieduta dal Ministro per gli affari regionali per delega del Presidente del Consiglio dei ministri, da ultimo (16 novembre 2023) ha preso atto dei lavori del Comitato tecnico-scientifico presieduto dal Prof. Cassese, con l’individuazione dei Lep per ciascuna delle materie o ambiti di materie rilevanti per l’autonomia differenziata, a questo punto, deveno essere formulate le proposte di calcolo dei costi e fabbisogni standard da parte della Commissione tecnica per i fabbisogni standard».
Al coro dei sì a sostegno del ministro si è aggiunto quello di Luca Zaia, presidente della regione Veneto. «Dopo anni di attesa in cui sembrava non dovesse esserci nulla di fatto – ha dichiarato – l’impegno dimostrato da tutti i senatori nella discussione ci ha confermato di essere sulla strada giusta verso la riforma tanto attesa e che, non mi stancherò mai di ripeterlo, non penalizzerà nessuno. Autonomia è responsabilità, efficienza, lo slancio verso il futuro chiesto dalle nuove generazioni. Attendiamo con soddisfazione e attenzione il voto finale di martedì prossimo, consapevoli che sarà una vera falcata in questo cammino. Voglio ringraziare per l’impegno di queste giornate i parlamentari impegnati, il Ministro Calderoli e tutto l’esecutivo al fianco della Premier Meloni.
Tornando ai contenuti generali del ddl Calderoli, c’è da dire che la sua genesi ha origini lontane. Infatti la proposta in sé è in discussione da anni, ed è sempre stata avanzata dalla Lega che ha basato su di essa la sua storia fin dal 1992 quando a parlarne era Umberto Bossi.
Il partito ha proposto una nuova iniziativa su un tema a lungo discusso, che ha le sue radici nella riforma del titolo V della Costituzione del 2001. L’autonomia differenziata si configura come il riconoscimento, da parte dello Stato, della facoltà di una regione a statuto ordinario di godere di autonomia legislativa su materie di competenza concorrente e, in tre specifici casi, su materie di competenza esclusiva dello Stato. Parallelamente alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, il quale non verrebbe più redistribuito a livello nazionale in base alle necessità collettive.
Le materie di legislazione concorrente abbracciano questioni quali i rapporti internazionali e con l’Unione europea, il commercio estero, la sicurezza e tutela del lavoro, l’istruzione, le professioni, la ricerca scientifica e tecnologica, la salute, l’alimentazione, lo sport, la protezione civile, la pianificazione territoriale, i porti e gli aeroporti civili, le reti di trasporto, la comunicazione, l’energia, la previdenza complementare, la finanza pubblica, il sistema tributario, la cultura e l’ambiente, nonché le istituzioni finanziarie e di credito a carattere regionale.
Il ddl ha generato incertezze anche all’interno della stessa maggioranza, suscitando dubbi soprattutto a causa della marcata inclinazione nazionalista di Fratelli d’Italia, particolarmente radicata al Centro-Sud e meno presente al Nord. Anche economisti e sociologi hanno fortemente contestato la proposta. Gli studiosi mettono in discussione sia gli aspetti tecnici della proposta, sia i possibili impatti sociali estremamente negativi, in grado di accrescere le disuguaglianze a livello inter-regionale e di dividere il Paese in due.
L’autonomia avrebbe un impatto sul sistema scolastico, prevedendo una separazione dei programmi scolastici attualmente gestiti a livello ministeriale, ma che potrebbero presto essere adattati a livello regionale. La proposta di legge attuale non specifica le modalità per attivare le richieste di autonomia. Il governo dovrebbe quindi elaborare le modalità di intesa tra lo Stato e le Regioni, ottenendo successivamente l’approvazione dalle stesse Regioni.