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Attacco Usa all’Iran, torna la paura dei rincari su energia e carburanti: «Choc petrolifero “spaventoso”»

La Repubblica islamica dell’Iran contribuisce alla produzione di 3,8 milioni di barili di petrolio estratti ogni giorno. Se la situazione internazionale dovesse subire una escalation, con un allargamento del teatro di guerra e soprattutto, come minacciato ieri dallo stesso governo iraniano, una chiusura dello stretto di Hormuz (dove transita il 30% circa di tutto il petrolio mondiale e quasi il 20% del gas), si assisterebbe a uno choc petrolifero “spaventoso” e una impennata dei prezzi su scala globale di tutte le materie prime. A tracciare un quadro della situazione è il centro studi della Cgia di Mestre.

Il carburante

Per il momento, a quasi una settimana dall’inizio del conflitto, e con gli Stati Uniti appena entrati in scena, sul fronte dei prezzi del carburante vi è stato un aumento relativamente contenuto: in questi giorni il rifornimento alla pompa di benzina in modalità self si attesta ancora su 1 euro e 70 centesimi circa al litro, mentre per il diesel la media è di 1,60 euro. La situazione odierna è molto diversa da quella verificatasi nel febbraio del 2022, quando la Russia invase l’Ucraina. Allora, dopo 15 giorni dall’inizio delle ostilità, il prezzo della benzina salì del 16,9%, quello del diesel addirittura del 23,8%. Ma l’Iran non ha la stessa capacità produttiva di petrolio e gas della Russia ed è soprattutto troppo presto per fare previsioni. Tutto dipenderà nei prossimi giorni dalle mosse degli stati coinvolti e dalla gestione degli snodi commerciali sul territorio mediorientale.

Energia e bollette

Se per il carburante per il momento l’allarme non si è concretizzato ed è ancora dietro l’angolo, i rincari previsti fino alla fine del 2025 per l’energia elettrica e il gas consumato dalle imprese la situazione è diversa e i rincari possono già essere calcolati rispetto al 2024. L’Ufficio studi della Cgia ha stimato in 13,7 miliardi in più (pari al +19,2%) il costo che le imprese italiane dovranno sostenere quest’anno. A livello regionale, visto che la maggioranza delle attività produttive e commerciali sono ubicate al Nord, i rincari relativi al 2025 di luce e gas interesseranno, in particolare, le aree che presentano i consumi maggiori: vale a dire la Lombardia con un aggravio di 3,2 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con +1,6 miliardi, il Veneto con +1,5 e il Piemonte con +1,2. Per quanto riguarda la Puglia, si avrà un aumento dei costi per l’energia elettrica e il gas utilizzati dalle imprese di circa il 18,4% rispetto allo scorso anno che si concretizzeranno in un importo di circa 600mila euro in più di spesa. Le aree regionali che, invece, saranno meno interessate dagli aumenti sono quelle più piccole; come la Basilicata che dovrebbe registrare una variazione pari a +118 milioni, il Molise con +64 e la Valle d’Aosta con +44.

Le aree a rischio

Con un eventuale aumento dei costi delle bollette elettriche, i settori più “colpiti” potrebbero essere quelli che registrano i consumi più importanti. Metallurgia (acciaierie, fonderie, ferriere, etc.); commercio (negozi, botteghe, centri commerciali); alimentari; bar, ristoranti e alberghi, trasporto e logistica e chimica. Per quanto concerne le imprese gasivore, i comparti che potrebbero subire gli effetti economici maggiormente negativi potrebbero essere: estrattivo (minerali metalliferi ferrosi e non ferrosi, etc.); lavorazione e conservazione alimenti; produzione alimentare; confezione e produzione tessile, abbigliamento e calzature; fabbricazione/produzione legno, carta, cartone, ceramica, utensileria, plastica e chimica; fabbricazione apparecchiature elettriche ed elettroniche, macchine utensili e per l’industria; costruzione di navi e imbarcazioni da diporto.

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