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Attacco degli Usa all’Iran, Meloni sente i leader internazionali: «Si torni alla diplomazia»

Erano passate poche ore dal raid statunitense nei tre siti nucleari iraniani, quando la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha intavolato un colloquio telefonico d’urgenza tra alcuni componenti del governo (i ministri Salvini, Tajani, Crosetto e Giorgetti) e i vertici dell’intelligence (Alfredo Mantovano). Alla luce di possibili contro-offensive da parte di Teheran la premier, seppur non condannando pubblicamente l’attacco, ha sottolineato la sua posizione, legata essenzialmente all’impegno per una via negoziale tra le parti. «La crisi in Medio Oriente è stata al centro dell’attenzione dell’esecutivo in tutti i suoi risvolti, dalla situazione dei connazionali nella regione, con cui la Farnesina è in costante contatto, agli effetti economici e di sicurezza», ha scritto Meloni su X.

I colloqui con i leader

Nelle ore successive ha sentito alcuni partner europei e internazionali per essere aggiornata sugli sviluppi della situazione. In particolare, come è scritto in una nota Palazzo Chigi, la presidente Meloni ha avuto uno scambio di vedute con il presidente di turno del G7, il primo ministro canadese Mark Carney, con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, con il presidente francese Emmanuel Macron e con il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer. Rispetto all’area interessata, la presidente del Consiglio ha poi avuto un colloquio telefonico con il principe ereditario e primo ministro saudita, Mohammad bin Salman, Al Saud, il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan e l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani. In tutti i casi e con tutti gli interlocutori, come ha riferito Chigi, è stata condivisa la necessità di lavorare per via diplomatica e tornare presto a negoziare tra le parti, quindi evitare un ulteriore allargamento del conflitto e giungere a una soluzione politica della crisi.

Si apre un nuovo scenario

Non è stata una posizione «equilibrata» alla pari di Meloni quella esposta invece dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha parlato di un cambio di scenario dopo l’attacco degli Stati Uniti a fianco di Israele e dell’apertura inevitabile di una crisi più grande. In un secondo momento ha poi lasciato intendere di non essere stato avvisato dagli Usa dell’inizio dell’operazione militare. «Avevamo già effettuato alcuni spostamenti supponendo che nelle ore successive potesse accadere qualcosa – ha dichiarato il titolare della Difesa – alcuni spostamenti di aerei americani ci avevano dato la ragionevole certezza». Alla base dell’intervento degli States ci sarebbe stata, secondo Crosetto, l’incapacità israeliana di colpire il sito di Fordow, visto che lo stesso si trova all’interno di una montagna. «Per questo sono intervenuti i bombardieri americani che possono impegnare un tipo di bombe che hanno la capacità di penetrazione sottoterra più elevata al mondo», ha aggiunto facendo riferimento alle temibili «bunker buster».

Massima sicurezza

Su posizioni più morbide invece il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che in vista di un allargamento del conflitto ha riferito dei rischi limitati per l’Italia. «Potrebbero esserci, ma non abbiamo segnali diretti – ha dichiarato – L’Iran ha sempre visto l’Italia come un paese non fra i più ostili, anche se abbiamo sempre condannato la costruzione dell’arma atomica». In ogni, in via precauzionale, la Farnesina ha chiuso le tre ambasciate israeliane a Roma e a imposto sicurezza massima sui luoghi di cultura ebraici e americani.

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