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Approvata la riforma della Giustizia: separazione delle carriere, ora il referendum

Con 112 voti a favore, 59 contrari e 9 astenuti, il Senato ha approvato in quarta e ultima lettura la riforma costituzionale della Giustizia. Il provvedimento, voluto dal governo Meloni e firmato dal ministro Carlo Nordio, introduce la separazione delle carriere tra magistrati richiedenti (pubblici ministeri) e magistrati giudicanti (giudici), due Csm distinti con membri…
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Con 112 voti a favore, 59 contrari e 9 astenuti, il Senato ha approvato in quarta e ultima lettura la riforma costituzionale della Giustizia. Il provvedimento, voluto dal governo Meloni e firmato dal ministro Carlo Nordio, introduce la separazione delle carriere tra magistrati richiedenti (pubblici ministeri) e magistrati giudicanti (giudici), due Csm distinti con membri sorteggiati e una nuova Alta Corte disciplinare. L’obiettivo dichiarato è garantire maggiore terzietà dei giudici e ridurre l’influenza delle correnti.

Dura la reazione dell’opposizione: in Aula i senatori di Pd, M5s e Avs hanno esposto cartelli con la scritta “No ai pieni poteri”, accusando la maggioranza di voler indebolire l’indipendenza della magistratura. L’Associazione nazionale magistrati parla di una riforma “che altera l’assetto dei poteri” e non migliora l’efficienza della giustizia.

Soddisfatta Giorgia Meloni, che definisce il via libera «un passo storico verso un sistema più giusto ed equilibrato». Nordio ringrazia il Parlamento e auspica «un referendum non politicizzato», mentre Forza Italia celebra “il sogno di Berlusconi finalmente realizzato».

Il testo non ha subito modifiche nel percorso parlamentare e, non avendo raggiunto la maggioranza dei due terzi, dovrà passare per il referendum confermativo, previsto nella primavera 2026. «Ora la parola ai cittadini», ha ribadito la premier. Al Salone della Giustizia, la ministra Casellati parla di “giornata storica” e rilancia: «Dopo questa riforma, avanti con il premierato».

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