Ha preso il via alle 18 la Prima più attesa dell’anno al Teatro della Scala di Milano, con Riccardo Chailly sul podio per la dodicesima inaugurazione di stagione e la regia di Vasily Barkhatov. L’opera, Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitrij Šostakovič, è trasmessa in diretta su Rai1 e Rai Radio3, consentendo al pubblico di assistere a una delle pagine più intense della storia musicale del XX secolo.
Tratta dal romanzo di Nikolaj Leskov, l’opera racconta la storia di Katerina Izmajlova, giovane donna costretta a un matrimonio infelice e sottomessa alle angherie del suocero. La passione proibita per il garzone Sergej la trascina in una spirale di omicidi e tradimenti, fino a un finale di disperazione e morte. La PRIMA del 1934 a Leningrado e Mosca riscosse un successo travolgente, con duecento rappresentazioni in appena due anni. La modernità della scrittura musicale, l’uso innovativo della politonalità e la fusione tra melodie popolari russe e citazioni mitteleuropee, come l’eco del Lied von der Erde di Mahler, conquistarono pubblico e critica.
Ma la politica sovietica era implacabile: nel 1936, Stalin stesso assistette a una rappresentazione e ben presto l’opera venne bandita, costringendo Šostakovič a un lungo periodo di emarginazione e a produrre, nel 1963, la versione edulcorata Katerina Ismailova. Alla Scala, la produzione 2025 celebra il cinquantesimo anniversario della morte di Šostakovič con un cast di primissimo piano: Sara Jakubiak è Katerina, affiancata da Najmiddin Mavlyanov, Yevgeny Akimov e Alexander Roslavets.
Scene, costumi e luci sono rispettivamente curati da Zinovy Margolin, Olga Shaishmelashvili e Alexander Sivaev. L’orchestra e il coro del Teatro sono diretti da Chailly, che racconta: «Šostakovič accenna, ammicca, fonde tradizione popolare e modernità orchestrale con una potenza emotiva unica. Il grottesco convive con la tragedia in un equilibrio che sconvolge ancora oggi».
La protesta
A pochi minuti dall’inizio, la tradizionale Prima della Scala è stata preceduta da una protesta delle associazioni pro-Pal, radunate in alcune centinaia tra piazza della Scala e Palazzo Marino. Su un palco improvvisato, gli attivisti hanno inscenato una performance satirica che metteva in scena la premier Giorgia Meloni, ribattezzata per l’occasione Lady Mac Melon, insieme ai ministri Giuseppe Valditara e Alessandro Giuli e al sindaco Giuseppe Sala. «Al Teatro alla Scala va in scena il primo spettacolo della stagione teatrale, un tripudio di lusso, di sfarzo, di cultura che può far calare il silenzio su due anni di genocidio, 77 anni di occupazione, su una città che cade a pezzi. Mentre il sindaco si presenta alla Prima della Scala pagando un biglietto che costa più di mesi di affitto in questa città», ha scandito il performer al microfono.
Nel corso dell’azione dimostrativa, presentata come «una Prima diffusa», gli attivisti hanno spiegato: «Oggi va qui in scena uno dei tanti appuntamenti della Prima diffusa, la Prima popolare che porta in atto il teatro delle complicità. Ci scusiamo se non abbiamo gli stessi allestimenti del Teatro alla Scala, se non abbiamo quinte mobili, orchestre, corpi di ballo o famosi tenori. Purtroppo il ministro Giuli ha detto che non c’era abbastanza pensiero solare nel nostro copione, quindi i fondi non ci sono».
L’attacco più duro è stato rivolto alla presidente del Consiglio: «Lady Mac Melon del distretto è venuta qui a ricordarci come la cultura non serve a niente, o meglio, non tutte le culture servono. Quelli come lei dicevano, Libro e Moschetto, fascista perfetto».










