Dura lex, sed lex, dicevano i romani. La legge è legge. Non si discute, ma si deve trovare un modo per sottrarre la rigidità necessaria delle regole alla insindacabilità di chi le applica e finisce, talvolta, per creare situazioni molto imbarazzanti, non solo in magistratura, ma anche altrove.
Perchè se la legge si deve applicare, dev’esserci anche un criterio di umanità nel farlo, un’applicazione che tenga conto degli aspetti specifici del caso a cui viene applicata. Perchè la dura lex, talvolta, può creare problemi molto più gravi se applicata ad occhi chiusi. E poi, chi paga i danni?
Due esempi. A Sesto San Giovanni, un pensionato di 71 anni si è suicidato all’arrivo dell’ufficiale giudiziario che coi carabinieri gli ha intimato per la settima volta lo sfratto esecutivo per morosità. Con 1400 euro al mese non ce la faceva a pagare l’affitto. Non ce la faccio più, ha scritto, e si è buttato giù dal balcone. Qualcuno avrebbe dovuto accorgersi delle sue condizioni prima di far diventare inevitabile lo sfratto.
In Sicilia, un imprenditore si è visto confiscare tutti i suoi beni, 100 milioni, perché sospettato di essere colluso con la mafia. Ha dovuto chiudere le sue aziende, subire 14 processi e attendere 18 anni per essere assolto definitivamente. Adesso, a 87 anni, vive da solo, in povertà. Nel frattempo, almeno 500 famiglie, quelle dei suoi dipendenti, sono rimaste senza lavoro. E potremmo continuare, ma chiudiamo: adesso, chi paga?
