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Il fatto di Enzo Magistà

Il fatto di Enzo Magistà, la cancellazione del “sì” dall’Inno di Mameli

Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Sono parole di Goffredo Mameli, mazziniano, poeta e patriota, che morì in battaglia, due anni dopo averle scritte, a soli 21 anni.

Ci pensò un compositore, Michele Novaro, a farle diventare l’inno nazionale, aggiungendo, alla fine, un «sì», un urlo, un grido d’amore, un giuramento. Adesso, si è scoperto che quel «sì» finale, a qualcuno non piace. C’è chi lo interpreta come un incitamento alla guerra.

Così il 14 marzo scorso, il presidente della Repubblica ha firmato un decreto per le nostre Forze Armate disponendo che nell’esecuzione dell’inno di Mameli si torni al testo primigenio. Che vuol dire? I vertici militari l’hanno interpretato come la cancellazione del «sì» finale.

Il 2 dicembre scorso, lo Stato maggiore della Difesa ha emanato una circolare a tutti i comandi, dalla Finanza all’Esercito, imponendo l’eliminazione del «sì» alla chiusura dell’inno di Mameli.

Niente più grido, strozzato in gola. Ma, attenzione, il divieto non vale per i comuni mortali, ma solo per le forze armate e dell’ordine, e solo per le occasioni istituzionali. Quindi noi cittadini potremo continuare a cantare quel «sì» liberatorio e galvanizzante, per esempio, quando gioca la Nazionale. Per fortuna. D’altra parte, davvero giurare amore per l’Italia si può scambiare per istigazione alla guerra?

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