Il mondo non sarebbe bello se non ci fossero le contraddizioni. Eravamo ancora felici di aver salutato i 25mila centenari italiani che si stanno godendo la vita, che ecco pioverci addosso la notizia del suicidio assistito delle gemelle Kessler, 89enni.
Da una parte la vitalità di chi rincorre gli anni e si tiene in vita oltre il secolo aggrappandosi alla felicità dei ricordi e delle speranze. Dall’altra una felicità diversa, la voglia di morire decidendolo da soli, e insieme, come nella vita. In fondo, gli uni e gli altri sono gesti disperati, ma pieni di significato e, soprattutto, di interrogativi.
Quello delle Kessler ne ripropone uno al quale cerchiamo di sfuggire inutilmente. Non quello scontato della liceità della scelta di voler morire, ma quello della urgenza di decidere se lo si può o non lo si può fare.
In Italia il suicidio assistito è consentito a metà, e viene raramente praticato nonostante ci siano migliaia di richieste. Quello scelto dalle Kessler da noi non è consentito. Ma in Parlamento giacciono decine di proposte di legge che ne prevedono l’introduzione.
Tutto, però, tace. Nessuno ha il coraggio di affrontare l’argomento prevedendo il sollevarsi di un polverone che coinvolgerebbe, ovviamente, i vertici del Vaticano. Il problema, però, non è tanto il sì o il no, ma affrontare seriamente e serenamente il problema, e risolverlo in qualche modo. Anche la Chiesa sa fare passi avanti.










