Si torna a discutere del futuro dell’ex Ilva cui è collegato il futuro di Taranto. Ci sono due fondi americani (Flacks e Bedrock) che hanno depositato offerte nei termini del bando emesso dal Governo. I dettagli si conosceranno a breve. Ma c’è anche un piano di rilancio predisposto dai sindacati ed approvato da Regione e Comune.
C’è materia su cui discutere, ma anche contraddizioni da superare. La proposta Flacks offrirebbe un solo euro per l’acquisto dell’ex Ilva. È una provocazione, anche se nella stessa offerta si parlerebbe di 5 miliardi per la ristrutturazione.
I soldi, allora, ci sono, o no? Si può credere negli investimenti promessi quando il bene da ristrutturare viene valutato zero?
La proposta dei sindacati e delle istituzioni, poi, è ancora più sospetta. Si propongono, per Taranto, tre forni elettrici e quattro Dri per il preridotto per un fabbisogno annuo di quasi 7 miliardi di metri cubi di gas. Ma per rendere disponibile una tale quantità di gas ci vuole un rigassificatore, la famosa nave, da ancorare in porto o poco più al largo. Appena sei mesi fa sia il Comune che i sindacati hanno detto di no alla nave.
Come la mettiamo con gli ambientalisti e le decisioni assunte in sede istituzionale? Poi c’è un terzo problema. Riguarda la presenza o meno dello Stato. Urso dice «ce la devono chiedere i privati», i quali propongono una quota minoritaria del 40%. La soluzione resta un cubo di Rubik.









