Quando al Comune di Bari scoppiò il caso “Codice Interno”, l’inchiesta che portò in carcere per voto di scambio l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, i parlamentari pugliesi del centrodestra si recarono in delegazione dal ministro Piantedosi per chiedere lo scioglimento del consiglio comunale del capoluogo.
Il Comune, guidato ancora da Decaro, fu semi-commissariato e la Prefettura avviò indagini che si conclusero con l’accertamento dell’inesistenza di infiltrazioni mafiose.
Un mese fa, il Comune di Modugno è stato scosso da una vicenda giudiziaria che ha portato all’arresto di un assessore, e lo stesso sindaco è fra gli indagati. Nella relazione della Dia è scritto che «nel Comune di Modugno si sarebbe creata una zona grigia in cui convergono interessi di gruppi malavitosi capaci di riciclare proventi illeciti e assicurare posti di lavoro ai propri affiliati». In parole povere, la Dia ritiene di aver scoperto infiltrazioni mafiose.
L’assessore arrestato, che comprava voti dalla criminalità, era candidato alla Regione da Forza Italia, il partito che in Puglia è guidato dal vicepresidente della Commissione Antimafia, D’Attis. Come mai D’Attis e i suoi colleghi parlamentari di centrodestra non si sono affrettati ad andare nuovamente in delegazione da Piantedosi a chiedere lo scioglimento del Comune di Modugno?