Dopo quella di Barletta, ecco, a 10 km di distanza, la disfida di Andria. Si disputa stamattina, nella rotonda pedonale di via Bisceglie, con armi non convenzionali e particolarmente efficaci.
Due eserciti si spareranno addosso burrate. Da una parte i sostenitori del monumento al casaro, la cui inaugurazione è prevista stamattina alle 11, e dall’altra i contrari, riuniti nel consorzio di tutela della igp burrata.
Tre famiglie di antichi casari andriesi si sono messe insieme per ricordare i loro antenati, ai quali hanno voluto regalare una statua in pietra, orgogliosamente chiamata monumento al casaro.
Il consorzio s’è impettito. Siamo noi gli unici rappresentanti della categoria, noi i difensori istituzionali della burrata, prodotto simbolo della lavorazione del latte ad Andria. E giù ricorsi, contro ricorsi e polemiche. Che oggi scenderanno anche in piazza. Ma che c’azzecca? direbbe Di Pietro.
Si può impedire ad un gruppo di imprenditori di dedicare un «monumento» ai loro avi con tanto di autorizzazione comunale? La burrata resta la burrata, le storie di famiglia sono un’altra cosa. Il monumento non produce burrate.
Se mai, ne fa venir voglia. A meno che sotto non ci siano questioni di altro tipo, ad esempio commerciali e politiche, la disfida di Andria ci sembra un’esagerazione. Non si può litigare avendo unità d’intenti.
Il consorzio provi ad inglobare anche le tre famiglie refrattarie e aggiunga la sua firma al monumento. E si preoccupi di accertarsi che la burrata di Andria resti veramente la burrata di Andria.
