Ciao Monica. Con Alberto Sordi, a Bari, girò “Polvere di stelle”

Non ci si crede. Ogni volta che manca una persona speciale, come lo è stata Monica Vitti, è come perdere un pezzetto di noi, con il timore di perdere, con lei, le emozioni che ci ha regalato e in cui ci siamo spesso riconosciute. Se ne è andata stanotte con la discrezione con cui ha vissuto. Lasciando un vuoto incolmabile. La notizia affidata dal suo amore a un tweet di Walter Veltroni che, pochi minuti dopo la mezzanotte, ha scritto sul social: «Roberto Russo, il suo compagno di tutti questi anni, mi chiede di comunicare che Monica Vitti non c’è più. Lo faccio con dolore, affetto, rimpianto».

Attrice di cinema e teatro, autrice, regista, doppiatrice straordinaria. In 35 anni di cinema ha realizzato 55 film, di cui due girati nei nostri territori: il poco noto “Qui comincia l’avventura”, del 1975, girato con Claudia Cardinale fra la Puglia e la Basilicata; e il celeberrimo “Polvere di stelle”, del 1973, al fianco di Alberto Sordi, ambientato a Bari (indimenticabile la performance in cui, sul palco del Petruzzelli, intonano “Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai”).
Epocale anche la scena degli schiaffi in “Amore mio aiutami” del ’69: Monica Vitti e Alberto Sordi interpretano marito e moglie, lei invaghita di un altro uomo, lui gelosissimo e ancora innamorato. Alberto Sordi: «E dillo ancora che lo ami». Monica Vitti: «Sì che lo amo» e giù uno schiaffo. E poi due, tre, e ancora e ancora. Finché, all’ennesima replica: «Dillo ancora che lo ami», lei risponde sfinita «No, non lo amo più». Non è il momento di sindacare sulla violenza maschile sulla donna, allora socialmente quasi accettabile. Perché lo schiaffone, oggi, ce lo ha dato Monica Vitti, lasciando questa terra. Ma noi continueremo ad amarla, e il nostro modo per farlo, ora, è ricordarla in queste righe.
La scorsa estate, in un certo senso, Monica è “tornata” a Bari, con la mostra “Polvere di Stelle”, un omaggio al film delle street artist italiane Lediesis: insieme ad altre grandi personalità femminili del mondo dell’arte, della letteratura e del cinema, era ritratta con la “S” di Superman sul petto e faceva l’occhiolino, non per sedurre, ma per sottolineare che non occorre venire da Kripton per avere dei superpoteri. E lei di “superpoteri” ne aveva da vendere. Lei, che sapeva farci emozionare, arrabbiare, sorridere, ridere a crepapelle. Lei, così riservata sul suo privato eppure così tanto aperta e naturale da risultare vicinissima, familiare. Lei, che piaceva a tutti e tutte, dal pubblico, alla critica, a registi, colleghi e colleghe. Lei, che interpretava le donne comuni come nessuna, profili femminili senza tempo, attualissimi ancora oggi, a tratti esasperati, spesso esasperanti, ma sempre veri. Era bellissima, eppure di lei si parla per la bravura immensa, raramente per la femminilità mozzafiato. Lei. Non c’è più. Lei, che il 3 novembre scorso aveva compiuto 90 anni, lontana dalle scene dai primi anni 2000, ormai da tempo afflitta da una malattia degenerativa, in un’intervista a Format (Rai3) del 1997 (testi, montaggio e regia di Donatella Baglivo), dichiarò: «La vecchiaia può venire pure a un bambino di 8 anni. Vecchiaia vuol dire disinteresse. Io, finché avrò un amore, finché avrò delle passioni, delle volontà, dei desideri, non invecchierò. E finché lavoro, lavoro, lavoro, finché scrivo, finché parlo, finché amo, non posso invecchiare. Cioè, invecchierò fisicamente ma, aò, buonanotte, per forza».
E alla domanda «Chi è Monica Vitti?», replica: «Signora mia, lei mi fa una domanda difficile. Se sapessi esattamente cos’è Monica Vitti, non avrei più nessun dubbio», fa una pausa e riprende «forse. Il dubbio è necessario. Monica Vitti è una persona bionda, alta uno e settantadue/uno, occhi verdi, capelli biondi, purtroppo trentanove e mezzo di piede, mani grandi, ci vedo poco. E poi sono estremamente fragile, però ho capito che le dovevo sfruttare tutte le mie fragilità, utilizzarle sempre, perché devo ancora capire tante cose, devo sapere, devo imparare». Giornalista: «Monica, ho la sensazione che la sua vita debba ancora iniziare».
Oggi, che purtroppo la sua vita è finita, vogliamo fermarci alle sue parole di replica e con l’emozione che allora le fece nascondere il viso fra le mani, come una bimba: «Credo che sia la cosa più bella che mi sia mai stata detta». Si ferma, guarda lontano come a cercare la risposta e, ovunque fosse, la trova: «Speriamo: mi piace iniziare. L’inizio di ogni cosa è bello. Inizio la mia vita oggi», sorride «e voglio che sia con il mare, con i monti, con i fiori, con il cane», inclina leggermente la testa, come a guardare una bella foto, e sussurra «con un amico. Adesso basta». Sì, basta. Riposa in pace. Buon inizio Monica.

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