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Da Enea kit per rintracciare sostanze tossiche nel latte

ROMA (ITALPRESS) – L’Enea ha messo a punto un kit diagnostico per aziende lattiero-casearie e laboratori di analisi, in grado di rilevare in modo rapido, efficace e a basso costo la presenza dell’aflatossina M1 nel latte crudo, una sostanza considerata cancerogena per l’uomo che proviene da animali nutriti con mangimi contaminati. La tecnica di analisi…

ROMA (ITALPRESS) – L’Enea ha messo a punto un kit diagnostico per aziende lattiero-casearie e laboratori di analisi, in grado di rilevare in modo rapido, efficace e a basso costo la presenza dell’aflatossina M1 nel latte crudo, una sostanza considerata cancerogena per l’uomo che proviene da animali nutriti con mangimi contaminati. La tecnica di analisi messa a punto dai ricercatori Enea prevede, per la prima volta, l’impiego di anticorpi monoclonali prodotti da una pianta dello stesso genere del tabacco (Nicotiana benthamiana), per intercettare le tossine presenti nel latte anche a concentrazioni molto basse – ben al di sotto dei limiti fissati per legge – come hanno dimostrato le sperimentazioni condotte su campioni di latte crudo contenenti diverse concentrazioni di aflatossina M1. “Si tratta della versione ‘green’ di ELISA, uno dei migliori e più diffusi metodi di screening rapido per il rilevamento delle tossine negli alimenti e nei mangimi animali, che permette l’analisi accurata, rapida e a basso costo di un numero elevato di campioni”, spiega Marcello Catellani del Laboratorio Enea di Bioprodotti e bioprocessi. Per la produzione degli anticorpi, i ricercatori si sono avvalsi di un sistema di produzione alternativo ed economico offerto dal Plant Molecular Farming (PMF), un sistema che usa le piante per produrre molecole complesse come gli anticorpi.
“Si tratta di un approccio biotecnologico che può ‘liberarè la produzione di anticorpi dai classici e più costosi sistemi basati su colture di cellule animali, che richiedono strutture e ambienti dedicati, reagenti e strumenti specifici per la loro crescita in condizioni di sterilità, come ad esempio bioreattori e incubatori”, aggiunge Catellani. Il PMF permette di operare in condizioni non sterili (serra, acqua, luce, suolo) con costi ridotti al minimo. Per questo lavoro è stata utilizzata la tecnica dell’agroinfiltrazione che comporta l’utilizzo di un particolare batterio chiamato Agrobacterium tumefaciens che veicola l’informazione genetica di interesse nei tessuti vegetali della pianta Nicotiana benthamiana.
(ITALPRESS).
-foto ufficio stampa Enea-

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