Non si sa ancora nulla degli esiti degli esami autoptici a quasi tre mesi di distanza dall’esecuzione sui corpicini di Birka e Christian, i due bambini morti nel rogo nel campo rom alle porte di Stornara lo scorso dicembre.
Il deposito avrebbe dovuto avvenire entro sessanta giorni dall’autopsia (eseguita il 21 dicembre), ma «esiste la facoltà da parte dei medici legali, prevista negli avvisi di conferimento d’incarico, di richiedere una proroga», spiega l’avvocato Roberto De Rossi che evidenzia ancora: «Questo avviene quando le indagini autoptiche risultino essere particolarmente complesse, così da consentire di poter redigere una consulenza più articolata. Nel caso di specie, vi è un’effettiva complessità data dal fatto che si ha a che fare con due corpi carbonizzati. Pur non essendo a conoscenza dei dettagli medico-legali, posso immaginare che ci sia stata una richiesta di proroga, perché io non ho ricevuto alcuna pec di avviso deposito della consulenza medico-legale», spiega il legale della madre indagata per omicidio colposo.
«Al di là degli esiti autoptici che hanno certamente rilevanza, nel caso di specie mi permetto di dire che sono abbastanza marginali perché, qualunque sia la causa del decesso, per la posizione della mia assistita non cambia molto. Il punto è se esista o meno una colpa omissiva da attribuire alla madre».
La mamma di Birka e Christian si trova ancora nel campo nomadi teatro della tragedia, insieme al compagno. «Com’è naturale, la donna è ancora psicologicamente devastata dal dolore – racconta l’avvocato De Rossi – è in costante contatto con la sua famiglia in Bulgaria e soprattutto con suo padre, col quale ha un ottimo rapporto. Non sono in grado di dire se lui provveda economicamente ai bisogni della figlia, ma so che si sentono spesso».
Intanto le indagini continuano. Il segreto istruttorio ammette che la procura che svolge le indagini di non sia tenuta ad informare i legali della difesa, tuttavia, «stando a quanto riferitomi dalla mia assistita, che ho sentito una decina di giorni fa, diverse persone del campo rom sono state ascoltate per assumere informazioni. Non sapendo però come si determini la Procura di Foggia in ordine alla posizione della mia assistita, non posso eseguire alcuna mossa perché questo significherebbe muoversi nel buio», conclude il legale.










