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Lo sciopero dei penalisti: «Il carcere di Foggia simbolo della protesta nazionale»

La premessa è d’obbligo «Non abbiamo mai protestato per tutelare interessi della categoria, ma per salvaguardare sacrosanti diritti costituzionali». Lo mette in chiaro l’avvocato Gianluca Ursitti, presidente dell’Ordine degli avvocati foggiani già presidente della Camera Penale di Foggia dal 2010 al 2019. Nel capoluogo daunio la triplice giornata di sciopero ha comportato il rinvio di…
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La premessa è d’obbligo «Non abbiamo mai protestato per tutelare interessi della categoria, ma per salvaguardare sacrosanti diritti costituzionali». Lo mette in chiaro l’avvocato Gianluca Ursitti, presidente dell’Ordine degli avvocati foggiani già presidente della Camera Penale di Foggia dal 2010 al 2019.

Nel capoluogo daunio la triplice giornata di sciopero ha comportato il rinvio di una serie di processi, tra i quali l’atteso inizio del processo “Giù le mani”, dall’omonima inchiesta della Guardia di finanza, che vede imputati 9 soggetti coinvolti, secondo l’accusa, a vario titolo, su presunti intrecci politico-mafiosi a Manfredonia. Si andrà in aula, davanti al Collegio Talani, all’inizio di giugno.

«Ma la nostra astensione non ha bandiere né finalità politiche», precisa ancora Ursitti che evidenzia come proprio la realtà foggiana sia esempio di quanto rivendicato a livello nazionale.

L’emergenza

«La situazione del carcere foggiano è l’emblema di una emergenza carceraria che non può essere risolta con l’aumentata repressività da parte del Governo» afferma ancora Ursitti. Chiaro il riferimento al sovraffollamento di detenuti nella Casa circondariale di via delle Casermette. Il Sappe nelle scorse settimane ha denunciato il “caso Foggia”, dove sono attualmente ospitati 642 detenuti a fronte di una capienza di 300 posti, praticamente il 210 per cento in più, addirittura superiore alla media nazionale che si attesta al 165 per cento. «Il carcere deve essere luogo della riabilitazione non palestra per aumentare il grado di delinquenza degli individui» afferma Ursitti che aggiunge «non è da Paese civile cancellare la dignità dei detenuti e tollerare un sistema carcerario che la stessa Europa condanna».

Condizioni che sono propedeutiche a una serie di tragici eventi che hanno accompagnato le cronache dal carcere. «Quello dei suicidi tra i detenuti è un tema che non può essere lasciato alla fredda elencazione degli eventi» sostiene il presidente Ursitti.

A parte casi particolari e fragilità individuali, le cause scatenanti di questi gesti estremi restano sempre le stesse: strutture fatiscenti, sovraffollamento delle carceri, gravi carenze negli organici della polizia penitenziaria, presenze risicate di educatori e di specialisti psicologi nelle Case circondariali.

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