Parla Michele Placido: «In “Eterno Visionario” vi racconto il Pirandello uomo e scrittore» – L’INTERVISTA

Caravaggio, Luigi Pirandello. È tempo di grande storia nella cinematografia del regista e attore Michele Placido originario di Ascoli Satriano in provincia di Foggia. È uscito il 7 novembre “Eterno Visionario”, l’ultimo film scritto e diretto da Michele Placido con Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Federica Luna Vincenti, Giancarlo Commare, Aurora Giovinazzo e Michelangelo Placido con la partecipazione straordinaria di Ute Lemper e con Michele Placido nel ruolo di Saul Colin prodotto da Goldenart Production con Rai Cinema in coproduzione con GapBusters.

“Eterno visionario” è un film che per la prima volta dice la verità sulla vicenda umana e artistica di Luigi Pirandello. Un genio della letteratura, un indiscusso innovatore del teatro Pirandello, ma non certo il buon padre di famiglia, sfortunato nell’ambito degli affetti a lui più cari, come fin qui lo si è voluto far passare. «Raccontare oggi la storia di Pirandello attraverso un film dal respiro internazionale, capace di sorprendere pubblici diversi, e soprattutto mostrandolo per quello che era, senza alcuna indulgente revisione, è il modo migliore per rinnovare l’incanto delle sue opere celebri al mondo», ha scritto il grande attore e regista nelle sue note di regia.

Quello di Michele Placido per Luigi Pirandello è un amore di lunghissima data, sbocciato ai tempi in cui frequentava l’Accademia d’Arte drammatica e tradotto in teatro in oltre 500 spettacoli tratti dai suoi testi.

Il progetto del film a cui il regista ha lavorato per tanti anni si concretizza quando Placido incontra il testo dello scrittore agrigentino Matteo Collura “Il gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello”.

«Questo film arriva al momento giusto della mia maturità umana, non solo registica e attoriale», spiega.

Maestro Placido, Luigi Pirandello è un po’ il suo padre putativo. Ci spiega il suo rapporto con lui e le sue opere?

«Al mio esame all’Accademia di Arte drammatica “Silvio D’Amico”, consigliato anche da mio padre, portai un testo di Luigi Pirandello. Ma lo sfortuna volle che mio padre morisse, lui non mi ha mai visto recitare, se ne andò che io mi diplomai. Mi emoziono ancora a raccontarlo. Chissà perché questa assenza paterna fu sostituita dalla figura di Pirandello. Nella mia carriera ho interpretato tanti suoi ruoli, ho diretto le sue opere. Ho recitato 500 repliche nel corso degli anni solo e sempre di Pirandello. Ma non pensavo che un giorno sarei passato dietro la macchina da presa e che sarei diventato regista già adulto. Ho debuttato da regista verso i 45 anni, ho fatto film di una certa importanza, non per vantarmi, come Romanzo Criminale, con cui ho vinto tanti premi, dal David di Donatello a quello dei critici. Solo 7 anni fa pensai seriamente, con l’età che avanzava, di poter affrontare la vita di Pirandello. Non ho pudore a dirlo, ero maturo anche come uomo, per mettere in scena un film come questo. Non basta la tecnica registica e cinematografica, bisogna aver vissuto per comprendere Luigi Pirandello nella sua grandezza e nel suo percorso esistenziale. Sua moglie fu ricoverata in una clinica psichiatrica, lui non voleva ricoverarla, voleva tenerla in casa, ma i figli lo convinsero. Col ricovero della moglie, lui ebbe dei problemi di depressione, perché la moglie non volle più vederlo. Casa Pirandello rifletteva aspetti spiacevoli, la moglie aveva delle allucinazioni e immaginava che Pirandello avesse un rapporto incestuoso con la figlia. Gli stessi figli soffrirono la figura paterna, perché Pirandello era diventato il più grande scrittore d’Europa, rivoluzionò il teatro, loro si sentivano schiacciati da questa superiorità culturale e intellettuale. Creò molti problemi identitari per i figli».

Qual è il suo rapporto con la Sicilia, ha interpretato tanti ruoli, sin dalla Piovra…

«La Sicilia è quel territorio dove non esistono solo le grandi tematiche mafiose con le vittime Falcone, Borsellino, Livatino, ma è quella terra che ha regalato all’Italia due Premi Nobel, Pirandello e Quasimodo. La Sicilia è la terra di scrittori che ho anche frequentato come Bufalino e Leonardo Sciascia. Ho trascorso tanto tempo con Damiano Damiani. Devo molto a questa regione».

Ha girato grandi film su grandi storie criminali del nostro Paese. Non le è mai venuto in mente di dedicare un prodotto cinematografico alla Quarta Mafia della provincia di Foggia?

«Ci avevo pensato, ma poi sono stato anticipato dal film di Pippo Mezzapesa, “Ti mangio il cuore”, girato due anni fa sul Gargano. Tutto questo dipende da uno sforzo culturale della nostra regione, la Puglia è una grande regione cinematografica. Le regioni più cinematografiche d’Italia sono Campania, Sicilia e Puglia, ma l’Apulia Film Commission deve fare uno sforzo, sono loro che devono darsi da fare e proporci progettualità. Spero che ci siano dei registi nel nostro territorio attenti a questi temi. Mancano delle scuole di cinema in Puglia».

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