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Offese sessiste alla sindaca di Foggia, Episcopo: «Sono figlie di una cultura fascista» – L’INTERVISTA

È una questione sociale, ma anche politica, e fino a qui nulla di eccezionale: chi fa attività pubblica lo mette in conto, ma se poi si tracima nella sfera sessuale e, peggio, in quella familiare diventa materia di psichiatri e si deve fare i conti con vere e proprie psicopatologie.

La città di Foggia ha nel suo stemma Tre Fiammelle, ma abbonda di leoni ruggenti e iena ridens, tutti rigorosamente da tastiera: quella dei social, dove l’offesa, l’ingiuria e la diffamazione corre veloce e aumenta soprattutto in prossimità di una competizione elettorale.

Maria Aida Episcopo da due anni è sindaca di Foggia e da un biennio raccoglie sul web un vocabolario di offese e attacchi: al suo corpo, al suo essere donna, al suo impegno politico. «Ho deciso di fare la sindaca non di andare a Salsomaggiore per un concorso di bellezza», afferma sorridendo.

Ha contato quanti attacchi ha subito da quanto è sindaca?

«Non li ho contati, ma posso dare conto delle querele che ho presentato: sette pratiche attivate dalle autorità competenti e cinque condanne già comminate».

Ma il body shaming non si è fermato?

«È molto diminuito. Alcuni sono così codardi che scrivono sul web ogni nefandezza nei miei confronti e poi mi mandano i messaggi in privato per scusarsi. Io ho le spalle larghe, ma penso a come possa reagire una ragazza che finisse in questo tritacarne mediatico».

Ma cosa le dà più fastidio?

«La discriminazione del linguaggio. A un sindaco uomo nessuno direbbe: sei un maiale. Invece, per una donna vale tutto: poco di buono, troia, meritrice e altri epiteti sessualmente inaccettabili segno che una donna è sempre più esposta a un linguaggio figlio della banalità e di una ricerca ossessiva del consenso attraverso l’offesa e il vilipendio della persona nella sua femminilità».

È una questione tutta foggiana?

«Purtroppo è diffusa: dove c’è una donna che comanda si scatena una violenza digitale di genere che andrebbe analizzata non solo da un punto di vista sociale: pur di parlare devo insultare. La libertà di espressione è diventata un abuso all’offesa. Poi ci sono gli estremisti quelli che devono attaccare a prescindere perché la loro natura è quella di abbassare la dignità dell’interlocutore, svilire la sua identità di donna, di mamma e di persona impegnata in politica. Quando qualcuno mi chiama “Zecca Rossa” non sta offendendo solo me, ma una idea che rappresento e per la quale ho raccolto consenso».

Foggia è una città fascista?

«Che questa sia una città orientata a destra è fuori dubbio. Che in questa città certa estrema destra sia tollerata è altrettanto indiscusso e un’amministrazione come la mia che ha fatto diversi concorsi senza un solo ricorso al Tar e che ha fatto intendere a tutti che la politica non distribuisce posti di lavoro, ma crea le condizioni per realizzarli, non può che dare fastidio».

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