Ci sono novità che giungono direttamente dai vertici della Polizia albanese, riguardo al caso di Michele D’Angelo, il 45enne professore universitario di San Severo detenuto nelle carceri albanesi dal 10 agosto scorso, perché coinvolto in un incidente stradale nel quale ha perso la vita un minorenne. Il sinistro era avvenuto l’8 agosto, intorno alle 20, in una località chiamata “Qafa e Kosovicës”, nei pressi di Fier, capoluogo dell’Albania centrale.
La ricostruzione
Secondo le perizie dei tecnici della Polizia albanese, D’Angelo avrebbe compiuto una manovra azzardata, dalla quale è derivato l’incidente. Per di più, non essendosi fermato sul posto a prestare soccorso, la Procura di Fier ha disposto la sua detenzione in carcere. Tra l’altro, l’incidente aveva attirato l’attenzione dell’opinione pubblica albanese perché un poliziotto fuori servizio, il 26enne Klajdi Mustaj, trovandosi per caso a passare sul posto, aveva eroicamente soccorso i quattro feriti tirandoli fuori, da solo, dalla Mercedes, che nel frattempo aveva preso fuoco, incurante delle fiamme che gli hanno provocato diverse ustioni. Purtroppo, nonostante i suoi sforzi, il ferito più giovane era morto dopo tre giorni. Intanto, la magistratura albanese ha disposto una seconda perizia tecnica per completare la ricostruzione dell’incidente.
La versione
Due giorni fa avevamo dato conto della versione fornita dalla compagna di D’Angelo, che viaggiava con lui a bordo di una Lancia Ypsilon. Secondo Vanessa Castelli, anche lei docente universitaria, i due avevano quasi raggiunto un locale nel quale era in programma una festa di matrimonio: quando il compagno ha messo la freccia ed ha svoltato sarebbe giunta ad alta velocità la Mercedes guidata da un 44enne albanese che ha toccato l’utilitaria e poi è uscita di strada, ribaltandosi. I quattro occupanti, appartenenti allo stesso nucleo familiare, erano rimasti feriti: un quindicenne, dopo tre giorni di cure intensive nel vicino ospedale provinciale di Fier, era morto per i gravi traumi subiti.
D’Angelo rimane in carcere, nonostante le pressioni del Governo italiano, esercitate grazie all’impegno dell’Ambasciata a Tirana e del Consolato di Valona. Ma, per il momento, gli indizi a carico del professore sanseverese non consentono di applicare una misura cautelare più lieve.