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Cronaca Foggia

Il “triangolo” Milano-Cerignola-Lavello, le qualità imprenditoriali dei clan del Foggiano

Sono “Contrasti onorati”, ovvero sono inseriti nel ristretto elenco di soggetti che «pur non appartenendo ad un’associazione di tipo rituale, vengono trattati con il rispetto che si deve a capi potenti e ad affidabili soci di imprese criminali», come viene evidenziato nella relazione della Commissione parlamentare antimafia. Tra “quei soggetti” ci sono i fratelli Piarulli: Mario e Michele, minori della famiglia cerignolana che faceva riferimento ad Antonio, ucciso davanti al bar Ragno d’Oro che, insieme a Tazza d’Oro è stato tra i ritrovi emblematici di una certa parte della società cerignolana che amava concentrarsi nei due locali specie durante la festa patronale, magari gustando «una bella fetta di spuma di gelato».

Un omicidio che ha dato la stura a una guerra tra clan per il controllo dello spaccio di droga, con l’invocazione dell’allora vescovo, mons. Giovanbattista Pichierri di pentirsi e di consegnarsi «alla giustizia degli uomini» e l’inchiesta dell’allora pm antimafia Gianrico Carofiglio che svelarono l’anomalia della criminalità cerignolana, «assolutamente caratterizzata dai tratti di più inquietante modernità» che si prendeva gioco della Sacra Corona Unita, con leccesi e brindisi definiti «pagliacci» perché facevano riti di affiliazione e si pungevano il dito.

La penetrazione

La criminalità cerignolana ha più volte dato modo delle sue qualità non solo criminali, ma imprenditoriali. I suoi rapporti con alcune famiglie calabresi, la sua capacità di allungare i tentacoli in varie parti della Penisola è magistrale. Il salto di qualità è stato compiuto da tempo, come si legge tra le righe della relazione della Direzione investigativa antimafia, presentata al Parlamento e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso. Ne è un esempio la recente inchiesta della procura antimafia di Potenza che raccoglie una serie di indizi proprio sul livello di penetrazione dei clan cerignolani nell’economia sana.

Il crocevia

È la Lombardia la regione degli affari, in tutti i sensi. Perché a Rozzano risiedono i fratelli Piarulli e a Milano ha sede la società Sg SpA, che farebbe capo ad Antonio Liseno, l’imprenditore di Lavello, indicato come il proprietario del San Barbato Resort, capace di conquistare una stella Michelin con il ristorante don Alfonso 1890, ma finito al centro dell’inchiesta della Dda potentina e sequestrato dalla Guardia di Finanza, perché sarebbe stato costruito con i soldi del criminalità cerignolana, riferita alla famiglia Cartagena/Saracino.

Liseno, considerato vicino alla Lega, non disdegnava di avere rapporti anche con il centrosinistra, tanto che nel periodo pandemico cerca di piazzare oltre 13 milioni di mascherine, muovendosi per intercettare, attraverso politici locali ma senza alcun risultato, l’allora ministro lucano alla Sanità, Roberto Speranza.

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