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Vannacci e «i signori del Pride» in guerra, il sindacato dei Carabinieri: «Ora basta, così legittima la violenza»

«Generale Vannacci, adesso basta! Questi modi e affermazioni non ci appartengono». Lo afferma il segretario nazionale del Nuovo sindacato Carabinieri (Nsc), Vincenzo Incampo, riferendosi alle frasi pronunciate dall’eurodeputato leghista durante un comizio a San Marco in Lamis, il 26 giugno scorso.

Vannacci ha ironizzato su cui “mandare al fronte”, proponendo di mandare “i signori del gay Pride” «con un tono sarcastico che non può essere banalizzato e ricondotto a “semplice battuta”», sottolinea Incampo, parlando di «un’affermazione che, seppur mascherata da ironia, offende, discrimina e rischia di legittimare forme di violenza verbale e sociale che ogni giorno, nel nostro silenzioso lavoro, proprio noi ci impegniamo a contrastare».

Per il sindacalista gli atteggiamenti dell’ex alto Ufficiale militare «gettano fango sui tanti uomini e donne in divisa che, con dedizione e senso dello Stato, si impegnano quotidianamente a tutelare i diritti di tutti, contrastando ogni forma di discriminazione e violenza».

Incampo sottolinea che «la stragrande maggioranza di chi serve lo Stato, anche se spesso sceglie il silenzio o preferisce non esporsi pubblicamente su questi temi, è profondamente contraria a questo tipo di pensiero e al metodo aggressivo con cui viene esposto», anche perché, ricorda, «chi indossa un’uniforme ha giurato fedeltà alla Costituzione. Un giuramento che non è un atto simbolico, ma un impegno concreto a difendere i valori fondamentali della Repubblica: la dignità della persona, l’uguaglianza, la libertà».

Per il segretario nazionale del Nuovo sindacato Carabinieri «le parole del generale Vannacci sembrano andare nella direzione opposta, alimentano un clima di divisione e intolleranza che non possiamo permetterci di ignorare» perché «in un momento storico in cui le tensioni internazionali tornano a minacciare la pace, chi siede nelle istituzioni europee dovrebbe impegnarsi a prevenire i conflitti e non evocarli o ironizzare su possibili scenari bellici».

E dunque, per Incampo, «il problema non è chi mandare in guerra, caro Generale, ma come evitare che nel 2025, dopo due guerre mondiali devastanti e tanti conflitti in corso, l’umanità pensi ancora che la guerra sia una soluzione. Le forze dell’ordine e tutti coloro che hanno prestato giuramento alla Repubblica Italiana non sono e non saranno mai strumento di discriminazione. Siamo al servizio di tutti i cittadini, senza distinzione. E continueremo ad esserlo, con fermezza e con rispetto della nostra Costituzione».

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