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Gioia Daunia, Arianna Arcara vince la prima edizione con la foto scattata a una 11enne di Celle di San Vito

Arianna Arcara, con una foto scattata all'11enne Sveva di Celle di San Vito, è la vincitrice della prima edizione del premio di fotografia Gioia Daunia, iniziativa promossa da Spazio Murat con la curatela di Luca Musciacchio, che ha avuto come fulcro il comune più piccolo della Puglia, oltre a Faeto e Castelluccio Valmaggiore. I tre…
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(Foto com.st.)

Arianna Arcara, con una foto scattata all’11enne Sveva di Celle di San Vito, è la vincitrice della prima edizione del premio di fotografia Gioia Daunia, iniziativa promossa da Spazio Murat con la curatela di Luca Musciacchio, che ha avuto come fulcro il comune più piccolo della Puglia, oltre a Faeto e Castelluccio Valmaggiore.

I tre borghi dei Monti Dauni hanno ospitato, dal 19 al 24 agosto, una residenza e produzione fotografica di tre artisti – Arianna Arcara, Manuela Naddeo e Fabrizio Vatieri – selezionati attraverso una open call lanciata a luglio.

La ricerca condotta da Arianna Arcara si intreccia con le vite dei ragazzi e delle ragazze che abitano i Monti Dauni, come quella di Sveva, 11 anni, che abita a Celle di San Vito. È lei il volto protagonista dello scatto vincitore del Premio.

«”Noi andiamo all’avventura“, mi dice sorridendo Sveva – racconta la vincitrice -. Con Diego, unico suo coetaneo e compagno di giochi, scavalca i recinti e si inoltra nei boschi. Sveva canta in francoprovenzale, la lingua del suo paese, che, insieme a Faeto, sono le uniche isole linguistiche francoprovenzali dell’Italia Meridionale. Ogni giorno prende l’autobus per andare a scuola a Lucera. Da grande sogna di diventare poliziotta».

Il titolo dell’opera è “Bangers“, nome che, spiega la fotografa, «si rifà al nome dei rondoni giovani, quelli ancora incerti e maldestri che durante le migrazioni raggiungono gli adulti circa un mese dopo e, mentre questi sono intenti a nidificare, vanno a sbattere rumorosamente e goffamente proprio sui nidi, cercando di intrufolarsi all’interno dopo dieci mesi di volo ininterrotto. Questo lavoro prende il nome da loro. Una metafora che racconta l’inizio dell’adolescenza nei territori interni della Daunia dove il tempo si frammenta, e crescere è un atto sbilanciato fra resistenza, desiderio e permanenza».

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