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Mafia, duplice omicidio ad Apricena: dopo otto anni arrestati due componenti del commando – VIDEO

Due presunti componenti del commando che, il 20 giugno del 2017, uccise Nicola Ferrelli e Antonio Petrella, ad Apricena, sono stati arrestati stamattina dagli agenti del Sisco (il Servizio centrale operativo) di Bari e della squadra mobile di Foggia in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa del gip del Tribunale del capoluogo pugliese su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

I due arrestati sono accusati, a vario titolo, di duplice omicidio volontario e detenzione e porto in luogo pubblico di armi da guerra e armi comuni da sparo. Reati per i quali viene contestata anche l’aggravante mafiosa sia per il metodo che per l’agevolazione.

Nel corso delle indagini sarebbe emerso che il delitto sarebbe stato commesso con l’obiettivo di agevolare il gruppo criminale all’epoca noto come clan Lombardi-La Torre-Ricucci (nato da una rimodulazione del clan Romito) e la Società Foggiana, con particolare riferimento alla “batteria” Moretti-Pellegrino.

Per gli inquirenti «l’efferato crimine» sarebbe maturato «nell’ambito della violenta guerra di mafia» con la fazione facente capo al gruppo Di Summa-Ferrelli, che – è detto in una nota – avrebbe mirato «ad acquisire il controllo egemonico del territorio di Apricena e dell’area limitrofa di San Marco in Lamis, per l’assunzione del monopolio della gestione e del commercio degli stupefacenti e delle altre attività illecite».

L’ordinanza di custodia cautelare di oggi è stata notificata a quelli che sono ritenuti «due esponenti di spicco» del gruppo Lombardi-La Torre-Ricucci, entrambi attualmente detenuti, uno dei due è sottoposto al regime del carcere duro del 41 bis.

Le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia dell’area garganica che «hanno fornito un patrimonio informativo di notevole caratura sul quale sono stati effettuati gli opportuni riscontri da parte polizia giudiziaria e che hanno permesso di presentare una solida piattaforma probatoria nei confronti degli esecutori materiali del grave episodio criminoso», dicono ancora gli inquirenti, «posto in essere con modalità operative di tipo mafioso, avvalendosi della forza intimidatrice e della condizione di assoggettamento e di omertà derivanti dal vincolo associativo».

La sequenza dell’omicidio, registrata anche da alcune telecamere di videosorveglianza, «è stata connotata da modalità esecutive plateali, con un protratto inseguimento in pieno giorno e con l’esplosione, sulla pubblica via, di numerosissimi colpi di armi da fuoco dal notevole potenziale offensivo, inflitti sui corpi delle vittime mentre transitavano altri veicoli condotti da ignari cittadini, con l’azione sinergica di un commando armato composto da più persone con specifici compiti».

La “firma”, si legge ancora in una nota della polizia, sarebbe stata posta «con il classico colpo al capo rivolto alle vittime, sferrato per devastarne il volto e cancellarne la memoria».

Determinante per le indagini sono stati anche i rilievi tecnico-scientifici compiuti da personale specializzato del servizio di polizia scientifica di Roma che, grazie a una consulenza antropometrica, ha rilevato la misurazione dei parametri fisionomici dei soggetti ripresi, con particolare riferimento alla stima della loro statura.

Gli indizi già emersi a carico degli indagati sono poi stati confermati dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Marco Raduano, Danilo Della Malva, Antonio e Andrea Quitadamo, Gianluigi Troiano, Carlo Verderosa e Matteo Pettinicchio.

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