Antonio, 74 anni, Maria, 68 anni e Michele 71 primavere, passate la maggior parte nei campi a lavorare e ora su una panchina di via Leonardo Zingarelli, dove sosta l’ufficio mobile di Poste italiane. È lì per sopperire alla chiusura della sede, a causa dei lavori di ammodernamento degli uffici, previsti dal programma Polis, finanziato dal Piano nazionale complementare al Pnrr, «per favorire la coesione economica, sociale e territoriale del Paese». Peccato che in attesa di un futuro che da questa parti ha tempi lenti, Antonio, Maria, Michele, ma anche altri non possano riscuotere per tempo la pensione, conquistata con tanti sacrifici.
La vicenda
«Non abbiamo soldi». «Venite più tardi». «Vi chiamiamo noi». Sono le litanie che i pensionati vichesi – ma il fenomeno ci segnalano è anche in altre città – sono costretti a subire senza ricevere la loro pensione.
Nell’ufficio mobile non ci sono contanti a sufficienza – evidentemente per questioni di sicurezza – così gli impiegati devono prima racimolare i soldi da versamenti e, raggiunto l’importo, pagare la pensione ad Antonio, Maria e Michele. E se non ci sono utenti che pagano bollette, multe, fanno versamenti, manca la pecunia e i pensionati devono tornare il giorno dopo, sperando che sia quello buono per il pagamento.
Un paradosso
«Una situazione paradossale» affermano in coro: restare in attesa all’aperto per ore, senza sapere se sarà il turno giusto. «Purtroppo c’è un disagio che deriva dalla chiusura della sede postale per i lavori in corso (che finiranno nel febbraio 2026, ndr) e la mancanza di uno sportello automatico dove prelevare la pensione», precisa il sindaco, Raffaele Sciscio, che aggiunge, «si dovrebbe andare a Ischitella, ma non tutti possono farlo per cui si accumula qualche ritardo nei pagamenti, ma ogni servizio è garantito». Insomma, Antonio, Maria e Michele devono avere pazienza, nel frattempo, come pensionati modello, possono guardare, seduti sulla panchina, il cantiere dei lavori del nuovo ufficio postale.










