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Cultura e Spettacoli Foggia

Renzo Arbore: «Io, da Foggia a Napoli premiato da una città pure mia»

Un Renzo Arbore raggiante quello che ha ricevuto, al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, l’omonimo premio che celebra l’impegno artistico e culturale di chi ha dato lustro alla canzone partenopea. Un riconoscimento, ha spiegato ai giornalisti e ai presenti, il poliedrico artista che ha un valore speciale per lui: quando da studente passava spesso davanti a quello stesso Conservatorio, mai avrebbe immaginato di ricevere un giorno un premio così importante proprio lì.

Napoli e la sua cultura

La cultura napoletana, ha raccontato, l’ha abbracciata fin dall’infanzia, nella sua casa natale di Foggia, attraverso le radio e le voci dei vicoli, dove si cantavano brani napoletani. Per lui, la canzone napoletana è una ricchezza straordinaria, un tesoro musicale e culturale di valore universale, meritevole di essere riconosciuto ufficialmente come patrimonio dell’umanità. È convinto che rappresenti uno dei punti più alti dell’espressione musicale italiana, per profondità poetica, bellezza melodica e innovazione armonica. Attraverso la sua Orchestra Italiana, fondata oltre trent’anni fa, ha cercato di farla conoscere e apprezzare nel mondo intero, con oltre 1.600 concerti in più di 30 Paesi.

Il segreto per mantenere viva e attuale questa musica, secondo Arbore, sta nel rispettarne l’anima senza rinunciare a renderla più fruibile. Lui stesso, nei suoi arrangiamenti, ha scelto di modificare i ritmi e di adattare le sonorità a stili internazionali – come faceva anche Renato Carosone – ma sempre lasciando intatte le melodie e le armonie originali, che ritiene le componenti più preziose. Per esempio ha fatto diventare un valzer lento Reginella per far risaltare il testo e ha dato una ritmica cubana a pezzi storici, mantenendo il rispetto assoluto per la composizione.

L’incontro con Pino Daniele

Nel 1977 Arbore diede spazio a un giovanissimo Pino Daniele e ne fu immediatamente colpito: quella capacità di fondere il blues americano con l’anima e la tradizione musicale napoletana lo rese, ai suoi occhi, un talento straordinario. Secondo Arbore, Daniele ha avuto lo stesso impatto innovativo che in passato aveva avuto Carosone: entrambi capaci di rinnovare la canzone napoletana senza snaturarla, portandola verso nuove sonorità e linguaggi. Nel suo lungo percorso musicale, Arbore ha portato le canzoni napoletane in tutto il mondo, dove – racconta – sono state accolte con entusiasmo e grande interesse. In Cina, per esempio, si è esibito con una grande orchestra di mandolini; in Messico, ha proposto canzoni locali rielaborate con arrangiamenti italiani. Brani come ’O sole mio, dice, sono conosciuti e suonati ovunque e rappresentano la forza universale di questo repertorio. Alla domanda su a chi dedicherebbe il riconoscimento, Arbore ha citato innanzitutto suo padre, che aveva vissuto a Napoli e vi esercitava la professione di dentista. Ma ha voluto ricordare anche Luciano De Crescenzo, amico fraterno e compagno di serate musicali, con il quale condivideva un amore autentico per la musica napoletana. Ha raccontato con emozione che De Crescenzo è morto assistito da lui e da Marisa Laurito, ascoltando in cuffia, dal cellulare di Arbore, le sue canzoni preferite.

I giovani

Infine, un pensiero ai giovani musicisti del Conservatorio: Arbore li ha esortati a non snobbare mai la musica del passato. Al contrario, ha sottolineato quanto sia fondamentale conoscerla a fondo per costruire la musica del futuro. La canzone napoletana, ha spiegato, è piena di soluzioni armoniche originali, accordi sofisticati e una creatività che oggi appare sorprendente. Brani come “Canzone appassionata” o “Turturella” contengono spunti unici da cui partire per nuove creazioni musicali. Per questo, ha concluso il suo intervento, è importante studiarla, rispettarla e tramandarla: perché è un patrimonio collettivo che merita di vivere ancora a lungo.

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