A scuola di mafia si impara sul campo, piazzando bombe e devastando locali. Ed è così che si stava formando il sedicenne figlio di un pregiudicato foggiano di 46, sceso in campo con suo padre per far saltare in aria il “Poseidon Sea food”, ristorante di pesce e panini gourmet a Foggia.
Le telecamere che segnano il percorso fino al ristorante, gravemente danneggiato nella notte fra l’8 e il 9 gennaio scorso da una bomba ad alto potenziale, hanno immortalato loro, nel tragitto verso casa, lungo il quale si sono anche parzialmente liberati da alcuni indumenti. Altri vestiti sono stati poi trovati nell’abitazione.
Ed è così che sono stati fermati, il padre su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Bari (fermo eseguito dagli agenti della Squadra Mobile di Foggia), il 16 enne in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale per i minorenni di Bari.
Ad entrambi sono contestati i reati di detenzione e porto di materiale esplosivo, aggravati dal metodo mafioso. A carico del padre anche l’ipotesi di reato di tentata estorsione.
La visione dei numerosi filmati acquisiti dalla polizia ha permesso di evidenziare le caratteristiche fisico-somatiche dei due e particolari che sono stati ritenuti individualizzanti degli indagati.
L’aggravante della mafiosità dell’azione criminale è stata contestata con specifico riferimento alle eclatanti modalità con cui l’azione è stata commessa, facendo esplodere un ordigno sulla pubblica via: modalità tipiche del metodo mafioso e idonee a provocare allarme sociale nella collettività, rafforzando il messaggio intimidatorio ai danni delle vittime.
Un ordigno che, hanno verificato i tecnici della Scientifica di Roma, possedeva spiccata potenzialità offensiva. Infatti, l’onda pressoria generata dall’esplosione e il materiale proiettato avrebbero potuto provocare gravi lesioni, anche mortali, a chi si fosse trovato in quel momento nei pressi del luogo dell’esplosione.
La deflagrazione ha causato rilevanti danni, e ha danneggiato infissi, suppellettili, arredi, vetrate e parte delle strutture murarie del locale. Quello del 9 gennaio fu il quarto attentato dinamitardo registrato nel Foggiano (due casi a San Severo) dall’inizio del 2022, il secondo in città dopo l’esplosione ai danni di un negozio di fiori in via Guido Dorso. A questi episodi, si aggiunge l’atto incendiario ad un mezzo della ditta “New Coffee” di qualche giorno prima.
La bomba piazzata al Poseidon aveva peraltro un chiaro messaggio intimidatorio, rafforzato dalla caratura criminale di chi se ne era occupato, e cioè un parente di Federico Trisciuoglio, capo della “batteria” foggiana “Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese”, coinvolta nelle recenti operazioni antimafia compiute a seguito dell’azione investigativa delle forze di polizia e della Dda di Bari.
È anche fratello di un altro pregiudicato, arrestato nell’operazione Decima Azione bis, e accusato di riscuotere il pizzo dai commercianti ambulanti del mercato settimanale di Foggia.
Il “Poseidon Sea and Food” è gestito dalla Gdc Servizi srl, società che fa capo ad Alessandro Carniola, comparso in diverse inchieste sulla mafia del capoluogo. Non è la prima volta che il ristorante viene preso di mira: un’altra bomba era stata fatta esplodere nella notte del 12 novembre 2019 davanti alla saracinesca, con gravi danni anche all’interno del locale.
Il nome di Carniola era comparso, stavolta come vittima del racket, anche nell’inchiesta “Decima Azione bis”. Versava al clan, era emerso, una tangente da 1.500 euro al mese.