C’è una città che non trova pace, sottratta al proprio destino che la vorrebbe invece al centro di un cerchio disegnato da una storia millenaria, tradizioni antiche e una capacità di accoglienza leggendaria.
Parliamo di Taranto, la capitale della Magna Grecia, l’unica città con due mari: uno più bello dell’altro. Una città che, se negli anni ’50, invece di diventare il polo industriale dell’acciaio fosse stata immaginata come città turistica, oggi non avrebbe paragoni al mondo per la sua bellezza. La sua è una comunità che ha saputo sopravvivere a ingiustizie, contraddizioni, vita grama e soprattutto… corta.
Sì, perché a Taranto la morte prematura ha toccato da vicino tantissime famiglie. Colpa di quel mostro con le ciminiere fumanti e il veleno a cielo aperto. Eppure, negli ultimi anni, la rinascita era arrivata. Con la cultura condivisa del Museo MarTa, con la musica del Medimex, con le iniziative imprenditoriali.
Sembrava stesse cominciando la resurrezione (è il caso di dirlo), invece oggi si ritrova nella melma. Sì, perché è proprio lì che si sta cercando di farla risprofondare, nelle sabbie mobili di dispute politiche che bloccheranno il percorso di crescita della città.
Sono giorni tristi per Taranto. Lo dico con molta semplicità, senza l’uso vigliacco di un politichese che serve a trincerarsi dietro le parole per non dire i fatti come stanno. Di certo la paventata chiusura dell’acciaieria mette a repentaglio la vita di 8mila lavoratori, quando invece sarebbe bastato partire per tempo con il processo di decarbonizzazione per mantenere questi posti di lavoro e attivarne altri necessari alla bonifica di quella distesa lacrime e polvere rossa.
E poi i Giochi del Mediterraneo. Dovrebbero svolgersi nel 2026, ma tanti si stanno chiedendo se e come ciò accadrà. Anche qui a causa della politica che spesso genera il detto che attraversa il non detto e senza pensarci getta quel che può nel tritacarne.
Oggi la città torna ad avere paura di guardarsi nello specchio dei desideri. Anzi, non sa più da che parte guardare e teme di essere abbandonata. Ancora una volta. E basta!
Taranto merita di essere risarcita per quello che ha subìto. Chiedere che la politica si unisca affinché la città possa diventare un esempio di ripresa e rinascita, è necessario. Bisogna fare squadra, mettere su una rete affinché l’antica Taras torni capitale del Mediterraneo. Lo dobbiamo alle tarantine e ai tarantini. Quelli di ieri che non ci sono più, quelli di oggi e quelli di domani che non dovranno più essere costretti a scappare da quello che potrebbe essere il paradiso in terra. Il vento deve cambiare.