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Vi dico perché quella norma è un imbroglio

Il Senato ha approvato il ddl Calderoli che mira a spaccare il Paese. Tutte le opposizioni hanno chiesto invano di non procedere, poiché il ddl presenta gravi criticità costituzionali e compromette l’unità nazionale, e hanno contestato la scelta di approvare una legge ordinaria anziché costituzionale ed espresso preoccupazioni sulla distribuzione delle risorse e sul mantenimento dei principi di solidarietà ed eguaglianza nella Repubblica, oltre che per la mancanza di chiarezza sui principi generali e i criteri di accesso delle Regioni alle competenze differenziate. Voglio qui ricordare alcuni temi strettamente legati alla questione, che non sono discussi spesso.

Il primo. Un problema politico grosso, quello dei presidenti delle regioni meridionali a guida centro-destra. Alcuni (il presidente della Calabria, Occhiuto, ad esempio) hanno parlato contro questa oscena proposta di secessione dei ricchi, legandola peraltro non solo alla individuazione dei cosiddetti Lep, ma al loro effettivo finanziamento uniforme in tutte le regioni. Ovviamente, per ora sono dichiarazioni, ma a lui e tanti altri si pone il dilemma, tutto politico e di “convenienza”: obbedienza al partito o salvaguardia degli interessi dei cittadini meridionali?

Dice: meglio che le risorse vengano date e gestite direttamente dalle Regioni perché non solo le utilizzano meglio ma possono sottoporre anche i gestori a un controllo più attento della qualità della spesa. Purtroppo, impossibile trovare le risorse, non solo per equiparare i diritti di cittadinanza in tutto il Paese, ma anche per passare da una spesa storica, sbilanciata a favore delle aree del Nord, alla spesa uguale per ciascun cittadino. Il furbo Calderoli ha la faccia tosta di affermare che «la garanzia delle risorse dei Lep è nella Costituzione: lo Stato è tenuto a finanziare quel livello essenziale di prestazione e di servizio». Un vero imbroglio. Calderoli sa perfettamente che, anche se sono previsti in Costituzione, i livelli essenziali, per motivi economici, non sono stati mai attuati e – ahimé – non lo saranno!

Il secondo punto riguarda la riproposizione delle gabbie salariali, un altro scellerato tassello che si lega alla proposta di secessione economico-finanziaria delle regioni più ricche del Nord. In realtà il Mezzogiorno serve, fa comodo ai ricchi secessionisti del Nord: è servito per ottenere un finanziamento-monstre dall’Unione europea con il Next Generation Eu (che si basa su numero di abitanti, livello di disoccupazione e prodotto interno lordo pro-capite dei territori: è stato stimato che “senza” il Sud, all’Italia sarebbero spettati 74 miliardi, non 209) che però poi verrà utilizzato in larga parte nel Centro-Nord; serve per “formare” fior di tecnici e professionisti, e poi utilizzarli al Nord; e altro. Ma, poiché si stabilisce in maniera quantomeno bizzarra che il costo della vita al Sud è minore, è giusto che chi lavora al Sud abbia uno stipendio più basso. Il costo della vita – è bene ricordarlo – oltre a una serie di “deviazioni” metodologiche e statistiche, di cui non parlo qui, non tiene conto dell’assenza, nel Meridione, di asili e asili nido; di tempo pieno a scuola; di trasporti efficienti; di servizi sociali; di sanità attrezzata; che poi si traduce in spese aggiuntive che i cittadini meridionali sopportano ma non vengono prese in considerazione.

La terza questione è la nascita e crescita (magari sottotraccia) di movimenti indipendentisti al Sud, nella stragrande maggioranza di matrice reazionaria e di destra: a mio avviso una cosa pericolosa. Bisogna preservare l’unità formale e soprattutto sostanziale del Paese che una sgangherata per alcuni aspetti, gravissima per altri, riforma costituzionale di elezione diretta del presidente del capo del governo (cosa che non esiste in nessun paese al mondo) non riuscirebbe certo a contenere o evitare.

Ecco. Solo tre spunti di discussione, con la speranza che su questi (e tanti altri) i partiti e le forze di democrazia e di progresso si confrontino e facciano sentire la propria voce, mobilitando milioni di cittadini, e sostenendo movimenti e associazioni, popolari, culturali, economiche, di studio, che da anni difendono la Costituzione, i diritti e l’uguaglianza di tutti i cittadini, da Sondrio a Crotone, da Bolzano a Mazara del Vallo.

Giuliano Laccetti è ordinario presso l’università “Federico II” di Napoli

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