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Vescovi, l’astensione come piaga

L’astensionismo alle urne è una brutta piaga, che peggiora sempre più. Bene ha fatto la «Commissione Problemi sociali», della «Conferenza episcopale pugliese», a richiamare il valore del voto, con parole chiare e sentite: «Non partecipare significa indebolire la democrazia (…) rinunciando alla responsabilità del voto, lasciamo che siano altri a decidere il destino dei nostri territori, ipotecando il bene delle nostre comunità».

Perché molti non votano? Le motivazioni del non-voto sono tante e tutte da studiare.

Capire chi non vota o chi vota l’uno invece di un altro, resta spesso una domanda senza risposta o risposte insufficienti. Il voto è una realtà lineare vissuto in una società complessa.

Cresce un analfabetismo di ritorno su molti aspetti vitali. Esiste una crisi di larghi settori sociali e istituzionali, basati spesso su saperi ridotti, monotematici e poco interdisciplinari, effimeri, estremamente dipendenti dalla superficialità di diverse fonti on line. Non manca solo la formazione civica, sociale e politica, manca la formazione tout court! E dove non c’è formazione, o ce n’è poca e scadente, è molto facile essere influenzati dalle grida del momento, senza nessuna capacità critica di discernere, anche nelle scelte elettorali.

È degno di nota anche il fatto che il documento colleghi voto con candidati e capacità di realizzare quello che serve alla nostra terra.

Il documento invita cittadini e candidati a promuovere «la dignità della persona, la tutela della famiglia, la giustizia sociale, la garanzia e l’equità del lavoro e dei servizi, il diritto alla salute, la custodia del creato e la sostenibilità, l’agricoltura e l’industria, la cultura e l’istruzione, la cura delle aree interne, l’impegno per affrontare l’emergenza demografica, anche sostenendo politiche migratorie lungimiranti». Ha molta importanza questo riferimento a beni comuni (al plurale): essi sono le necessità impellenti di gruppi e cittadini, che diventano poi priorità politiche. Spiace solamente che il riferimento agli stranieri che abitano la Puglia (circa 150.000) sia solo fatto indirettamente con il riferimento alle «politiche migratorie», mentre manca del tutto quello ai tanti poveri. Le straniere e gli stranieri, presenti in Puglia (come altrove) sono persone, che vivono e lavorano con noi e per la nostra comunità (badanti, operai, agricoltori, impiegati ecc). Siamo la terra di don Tonino Bello che ci ha insegnato e testimoniato la «convivialità delle differenze», il valore dell’accoglienza e della fraternità con tutti, specie con gli ultimi. Ci ha anche insegnato che «la politica è arte nobile. Nobile perché legata al mistico rigore di alte idealità. Nobile, perché emergente da incoercibili esigenze di progresso, di pace, di giustizia, di libertà. Nobile, perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria».

Rocco D’Ambrosio è professore ordinario di Filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana di Roma 

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