Lo scorso 20 marzo alla Camera dei Deputati, la presidente del Consiglio ha citato un passo del Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 a firma di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. La cosa ha creato la sollevazione delle opposizioni che, trincerandosi sulla sacralità del testo hanno colto l’occasione per attaccare la premier, tacciata di averlo dissacrato, tanto da chiedere alla stessa Meloni di inginocchiarsi di fronte al documento scritto in un momento tragico per l’intera Europa.
La retorica distruttiva e la voglia di allargare il solco con la maggioranza ha alimentato ulteriormente la polemica. Ebbene, alcuni hanno voluto ribadire la sacralità di un testo che di sacro non ha nulla, piuttosto adeguata per quel contesto storico, la laica affermazione di un organo sovranazionale che a quei tempi avrebbe dovuto avere la funzione di calmieratore di qualsivoglia totalitarismo.
I Manifesti che nel ‘900 hanno sempre preannunziato delle rivoluzioni culturali e sociali, a differenza dei testi sacri che hanno una validità che va oltre il tempo in cui sono concepiti, soprattutto per coloro che credono in una determinata dottrina, sono circoscritti ad un tempo e ad un luogo ben preciso.
Quello di Ventotene è stato scritto durante la Seconda Guerra Mondiale quando i totalitarismi avevano annullato qualsiasi forma liberale e democratica in Europa e l’unica via d’uscita all’asfissiante dittatura totalitaria della Germania era quella di trovare sponda in una visione di Europa in grado di limitare il potere incontrollato di un singolo Stato, che nel merito era la Germania. Per questo il Manifesto di Ventotene ha una grande importanza, non certo sacra ma laica ed illuminante, perché dalle parole raggruppate nei suoi tre capitoli si è dato vita ad una nuova visione europea che purtroppo non riesce a decollare.
Da un punto di vista teoretico ciò che regge il discorso del Manifesto è la contrapposizione tra differenza e omologazione, la tutela delle diverse sovranità contro l’omologazione in un contesto più ampio sotto l’egida di una comunità che potesse allora restringere il potere dei singoli Stati evitando qualsivoglia deriva totalitarista e dittatoriale. Da un lato la distinzione del singolo Stato con i suoi poteri dittatoriali, dall’altro l’omologazione degli Stati europei che, rinunciando al proprio spirito nazionale e sacrificando la propria autonomia legislativa, avrebbero dovuto far nascere, dopo un periodo che nel Manifesto viene definito “Rivoluzionario” una nuova entità, un’Europa appunto, in grado di garantire libertà e democrazia per il benessere di tutti i suoi cittadini, in una visione progressista e non conservatrice.
Allo stesso tempo ciò che è stato citato dalla Meloni è rappresentativo del linguaggio del tempo. Le parole di Spinelli e Rossi, contestate dalla Meloni fanno riferimento a quelle azioni rivoluzionarie che hanno visto prima la fine dell’ancien regime e nel 1917 la Rivoluzione russa. Oggi come allora resta attuale il Manifesto di Ventotene nella visione di chi spera in un’Europa unita, sovranazionale ma soprattutto coesa, idea che non trova il suo compimento.
Bentornato,
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