L’Italia è il primo produttore mondiale di pasta e noi italiani, con circa 23,5 kg pro-capite l’anno, ne siamo i più grandi consumatori. Nonostante questo, il nostro Paese è ancora fortemente dipendente dall’estero. Lo dicono i dati sulle importazioni. Per la produzione di pasta e prodotti da forno, il nostro Paese ha bisogno di materie prime acquistate da altri Stati per circa il 30%, un gap di disponibilità pari a 65mila ettari. Passi in avanti negli ultimi anni ne sono stati fatti, ma per essere del tutto autonomi sarebbe necessario aumentare la superficie seminata a grano duro del 38 per cento. Questo gap è dovuto a diversi fattori. Occorre prendere atto della difficoltà delle imprese agricole che ancora una volta si trovano in una situazione di forte volatilità dei mercati e del perdurare di costi elevati. Una situazione che dimostra ulteriormente quanto i mercati nazionali siano dipendenti da ciò che accade su quelli internazionali. In particolare, sono preoccupanti le riduzioni notevoli delle quotazioni del grano duro all’origine che si sono verificate negli ultimi tempi, con contrazioni anche del 10% su base settimanale.
A Bari e Foggia, le due piazze più importanti per la compravendita del grano duro, le quotazioni sono crollate del 25-26% da inizio anno e del 14-15% nell’ultimo mese. L’andamento riflessivo delle quotazioni delle ultime settimane sembra essenzialmente dovuto al forte recupero delle produzioni mondiali di grano duro, in particolare di quella del Canada che nel 2022 si stima sia cresciuta di quasi l’80 per cento. Sul fronte dei costi il 2021 e il 2022 sono stati anni caratterizzati da forti incrementi dei prezzi soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico e i fertilizzanti. Nell’arco dei due anni il costo del gasolio è aumentato di oltre il 70 per cento mentre per i due principali concimi azotati gli incrementi oscillano tra il 150 e oltre il 220% circa. Per fronteggiare questa situazione, che pesa non solo sugli agricoltori ma sull’intero Paese, serve valorizzare maggiormente le produzioni nazionali di pasta ottenuta con il 100 per cento di grano duro italiano e intensificare i controlli sulle produzioni. È poi utile favorire i “contratti di filiera” e i contratti a lungo termine per garantire maggiore stabilità al mercato e diviene essenziale avere maggiore conoscenza della situazione di mercato con dati aggiornati e disponibili in materia. Ulteriori misure da valutare potrebbero consistere in un intervento straordinario per la copertura dei costi, in particolare per quanto riguarda quelli relativi a fertilizzanti e gasolio; strumenti creditizi agevolati. Serve infine una più rigida applicazione dell’art. 5, c. 1 lettera b) del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198 che come noto vieta l’imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore, ivi compresa quella di vendere prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione.
Luca Lazzàro è presidente di Confagricoltura Puglia