Il reddito di cittadinanza sarà per lungo tempo al centro dello scontro politico. Da una parte c’è la maggioranza di centrodestra, decisa a cancellare o almeno a rimodulare la misura introdotta nel 2018 per volontà del Movimento Cinque Stelle. Dall’altra parte c’è proprio la formazione di Giuseppe Conte, pronta a difendere il reddito di cittadinanza con le unghie e con i denti e ad affiancargli il salario minimo, col sostegno di ampi settori del centrosinistra. Ora, in una fase storica in cui il caro bollette espone alla povertà migliaia di famiglie, davanti a certe misure serve un approccio pragmatico, equilibrato, privo di ideologismi.
Il reddito può essere eliminato? No, la crisi economica ha dimostrato quanto un simile ammortizzatore sociale sia indispensabile. Il reddito può essere migliorato? Sì, anzi deve essere migliorato, e in questa prospettiva può essere utile una piattaforma online che favorisca l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, superando le inefficienze del sistema basato sui navigator.
Mi spiego meglio. I percettori del reddito di cittadinanza potrebbero essere destinati a lavori socialmente utili, come accade in alcuni Comuni, oppure offrire una serie di servizi in ambito privato. È vero, molti di loro tendono a rifiutare impieghi non adeguatamente retribuiti preferendo incassare il sussidio alla fine del mese. Altrettanti, però, sono disponibili e non attendono altro che una chance, eppure lamentano di essere di fatto ignorati. Per superare l’impasse sarebbe utile una piattaforma sulla quale i percettori di reddito di cittadinanza potrebbero registrarsi indicando le proprie competenze e disponibilità. Sulla stessa piattaforma le aziende indicherebbero le rispettive esigenze in termini di personale, con possibilità di contattare direttamente e ingaggiare (in completa trasparenza e nel pieno rispetto di tutte le normative) i percettori di reddito di cittadinanza, magari con l’obbligo di assumerli dopo un periodo di prova. Un network così strutturato, molto simile ai portali di intermediazione che al giorno d’oggi popolano il web, avrebbe il pregio di incrociare la domanda e l’offerta di lavoro in modo molto più rapido ed efficace di quanto non siano finora riusciti a fare i navigator.
Qualcuno osserverà: la gestione della piattaforma non potrebbe essere affidata ai privati, visto che il reddito di cittadinanza è alimentato da fondi pubblici. E allora non resta che interrogarsi sulle soluzioni giuridiche e tecniche da adottare per superare certe legittime obiezioni. Ipotizzo due soluzioni. Ecco la prima: a gestire la piattaforma, sempre nel quadro delle norme definite dalle istituzioni pubbliche, potrebbero essere gli enti bilaterali in cui sono pariteticamente rappresentati le associazioni datoriali e le sigle sindacali e si ha una panoramica completa delle esigenze delle une e delle rivendicazioni delle altre. In alternativa, potrebbe essere lo Stato a farsi carico della creazione, della disciplina e della gestione di questo sistema informatizzato, pratico e intuitivo, con l’obiettivo di accorciare la distanza tra le imprese e i tanti percettori di reddito di cittadinanza che al momento sono – spesso loro malgrado – “a spasso”.
Insomma, la storia recente e fondamentali esigenze di democrazia ci hanno insegnato quanto questa misura sia importante per evitare che una fetta sempre più ampia della nostra società sia espulsa dal tessuto economico e civile. In proposito, però, un dibattito serio, maturo e propositivo non è più rinviabile. Servono idee e proposte concrete per rendere più efficace quello che si presenta come un pezzo ineliminabile di civiltà democratica. E un Parlamento e un Governo consapevoli di questo delicato compito.
Bentornato,
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