Una campagna elettorale “oppositiva” con toni kitsch

Alle elezioni di sabato 8 e domenica 9 giugno oramai manca davvero poco, così anche questa campagna elettorale che ci ha fatto compagnia nelle ultime quattro settimane sta per andare in soffitta. Per fortuna, avrà pensato la stragrande parte dei lettori che ha letto l’incipit di questo articolo.

Invece, per me che appartengo a una ridottissima riserva indiana di osservatori appassionati alla comunicazione politica, l’imminente apertura delle urne è vissuta con un sentimento di sincera malinconia. Anzi, dappiù, con una venatura di autentica tristezza.

Perché la campagna elettorale, se la guardiamo senza farci prendere dalla febbre della militanza, è alla fine un inedito capitolo di antropologia sociale. Uno spaccato di varia umanità che ci lascia in dote nuovi insegnamenti, che ci fa conoscere ogni volta idee creative per comunicare la candidatura e al contempo ci rammenta quanto diventi sempre più elastico il confine del ridicolo.

In particolare, ai giorni nostri dominati dalla comunicazione sociale. Quest’ultima in particolare, per l’elezione della pattuglia dei 76 parlamentari che andranno a sedere nel prossimo Parlamento europeo, è stata a più riprese una campagna oppositiva: dove il messaggio dei singoli posizionamenti dei partiti e dei candidati sono stati costruiti proprio a partire da una comparazione valoriale che metteva a confronto da una parte il bene e dall’altra il male.

Da un lato, tutto ciò che era moralmente, culturalmente o sessualmente accettato e condiviso da una presunta maggioranza di cittadini e dall’altro il suo esatto contrario, vessilli di minoranze rissose e aggressive.

A inaugurare le danze, è stato il Partito Democratico che si è buttato lancia in resta contro Roberto Vannacci, candidato simbolo della Lega in tutte e cinque le circoscrizioni. Il post con il volto del generale coperto dalla scritta ignoralo ha subito innescato grandi polemiche.

A ruota, è arrivata la campagna di Susanna Ceccardi, l’europarlamentare leghista uscente e ricandidata per un secondo mandato, che si è presentata con un manifesto doppio: o me, scritto sotto la sua foto, o lei dall’altra parte con la faccia di Ilaria Salis, candidata invece da Alleanza Verdi Sinistra.

Ma, anche la comunicazione della stessa Lega è stata ampiamente oppositiva, contro Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron, i tappi di plastica che non si separano, la farina di grilli. Così come, lungamente oppositiva è stata quella dei giovani di Atreju, costola ufficiale di Fratelli d’Italia, senza dimenticare gli affondi partoriti da Italia Viva contro la premier Giorgia Meloni, Giuseppe Conte ed Elly Schlein o quelli di Azione contro Matteo Salvini, Conte e Meloni.

Insomma, abbiamo avuto un repertorio vasto e pieno di varianti originali, a volte scadenti e altre alquanto kitsch. Una scelta dettata da quattro condizioni che si sono combinate tra loro: il sistema proporzionale con soglia di sbarramento, l’avvento delle piattaforme social quale terreno principale da coltivare per raggiungere gli elettori su circoscrizioni elettorali ampie, la necessità di polarizzare i propri militanti per portali al voto e, infine, quella di riuscire a conquistare un voto tra la massa crescente di astenuti.

Socio, sales manager e spin doctor di Arcadia

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