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Un faro e un ponte tra passato e presente per l’inclusione

Nello storico teatro Petruzzelli di Bari, si è svolta la cerimonia di inaugurazione del centesimo anno accademico dell’Università degli Studi Aldo Moro, un evento che ha celebrato non solo il prestigioso traguardo dell’ateneo, ma anche il futuro della formazione, della ricerca e della società. La cerimonia ha visto la partecipazione di illustri ospiti, tra cui numerosi rettori di università italiane e straniere, accademici e rappresentanti istituzionali. Tra i momenti più significativi, la presenza della ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, e la lectio magistralis del professor Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca.

Il tema centrale dell’evento, “L’Equivoco”, ha fatto da filo conduttore degli interventi, esplorando le complessità e le sfide del nostro tempo. Particolarmente interessante è stato il discorso del rettore, Stefano Bronzini, che ha provato a immaginare come sarà l’inaugurazione dell’anno accademico nel 2125, quando gli attuali problemi del sistema universitario potranno essere analizzati in chiave storica.

Futura è il personaggio immaginario che Bronzini ha creato per guardare ai problemi odierni con gli occhi del futuro. Grazie a questa invenzione il rettore ha offerto la prospettiva retrospettiva con la quale ha provato a individuare i cambiamenti che potrebbero interessare il mondo accademico e la società nei prossimi cento anni.

Nel 2125, secondo Futura, il concetto di lavoro sarà completamente trasformato. «Oggi non si timbra più il cartellino», dice Futura, riflettendo su una società in cui il lavoro è svolto in montagna, in spiaggia, o in luoghi creativi e condivisi. Le università del futuro non saranno più entità in competizione, ma articolate reti collaborative, dove la ricerca e la formazione saranno strumenti per sostenere un’idea comune di progresso.

A proposito delle ammissioni universitarie, in particolare nei corsi di medicina. Futura ha ricordato come, cento anni prima, si fosse molto discusso dell’abolizione dei test d’ingresso, sottolineando la necessità di un ripensamento complessivo dei percorsi formativi. Ma sempre Futura ci assicura che diversi anni dopo, il problema della regolamentazione degli accessi all’università, grazie ad ulteriori riforme, è stato risolto, garantendo l’accesso alla formazione di eccellenza a tutti i cittadini. La democrazia, infatti, presuppone l’esistenza di elettorato con un elevato livello di istruzione, in grado di fare scelte consapevoli e di selezionare una classe politica con le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo del Paese. Parafrasando la celebre frase di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, tratta dal Gattopardo: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi», Futura ci assicura che «Non tutto cambia» perché «e i bilanci continueranno a richiedere controllo e responsabilità anche nel 2125».

Il discorso dal futuro si conclude con un invito, rivolto ai giovani, quanto mai attuale «Studiate, immaginate e riflettete. Solo così possiamo costruire un domani migliore». in cui la contaminazione tra discipline diverse fornisce la chiave per affrontare le sfide future.

La ministra Bernini ha accolto con entusiasmo la visione proposta dal rettore. «Non dobbiamo essere solo spettatori del cambiamento, ma attori principali di un mondo sempre più tecnologico e complesso». Nel suo intervento, la ministra ha evidenziato l’importanza di integrare etica e filosofia nella scienza e nella tecnologia. Ha inoltre esortato l’università a continuare a essere un luogo di inclusività e innovazione, capace di formare menti critiche e responsabili. «L’università deve contaminare e farsi contaminare per costruire una cultura universale e condivisa». Bernini ha concluso il suo intervento ricordando che «la tecnologia non è fine a se stessa: alla base di ogni algoritmo ci sono sempre persone, e il loro compito è trasformare l’innovazione in uno strumento di progresso democratico e inclusivo».

La celebrazione del centenario è stata un’occasione per riflettere sulle scelte che hanno portato l’Università di Bari a essere un pilastro della formazione e della ricerca. Come ha ricordato il Rettore Bronzini, «siamo qui grazie alle decisioni lungimiranti prese cento anni fa». La giornata si è conclusa con un concerto di Daniele Silvestri in piazza Libertà, un momento di festa per tutta la città. L’Università di Bari, infatti, come indicato dal suo stemma raffigurante un faro, intende confermare la sua mission culturale e continuare a indicare la rotta culturale da seguire per approdare in un porto sicuro. Ma come simboleggiato dai proiettori che in questi giorni hanno illuminato i cieli di Bari intende proiettare virtualmente la nostra comunità accademica e il nostro territorio nel Futuro.

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