A Rita De Crescenzo lunedì scorso ha scorrazzato in lungo e in largo per Peschici. Si è imbattuta anche nel sindaco Luigi D’Arenzo, che nei giorni precedenti aveva polemizzato proprio con lei, e si è sottoposta a qualche centinaio di selfie con i residenti e i tanti curiosi che le chiedevano di fare una foto insieme. Sul suo account TikTok ha poi pubblicato diversi video della gita pugliese fatta su invito di un imprenditore locale.
Rita De Crescenzo è convinta che con il potere dei social media può tutto, o quasi, perfino candidarsi a qualche elezione e quando parla dei follower che seguono il suo account TikTok sceglie sempre di utilizzare l’aggettivo possessivo “miei”, pensando che ci sia tra lei e loro un legame solido, granitico quasi fossero dei figli o dei partenti stretti. Purtroppo nessuno, neanche la sua consulente ed educatrice preferita Maria Rosaria Boccia, le ha spiegato chiaramente che i follower non appartengono a nessuno. Tantomeno a lei che su TikTok ne conta 1,8 milioni e 500mila su Instagram. Il cordone ombelicale è solo virtuale e non è per nulla eterno, anzi tutt’altro. Quindi, la signora Rita nata e cresciuta nel rione Pallonetto a Napoli, sbaglia e di molto a pensare di riuscire a influenzare i follower, a condizionarne le scelte, a incidere sulle preferenze di consumo o di valore di questa folla indistinta che per la verità la segue online non perché si senta legata alla persona, alla donna o ai suoi percorsi di vita, ma unicamente perché si gode uno spettacolo. Breve, veloce, costruito senza alcuna pretesa, all’apparenza gratuito e a costo zero per lo spettatore che scrolla il feed di TikTok.
Ecco, i follower, la stragrande maggioranza di questi, interagiscono con i suoi video facendo crescere così l’engagement del post e le visualizzazioni, per godere delle imperfezioni, delle improvvisazioni e della sua simpatica e rilassante cafoneria. Questa illusoria social-vendita, è qui c’è il grossolano errore di valutazione della Crescenzo e di chi la ingaggia per promuovere da Bari a Palermo, da Viterbo a Potenza pizze, cozze, palestre e cannoli, però non trasforma i follower in clienti, non genera nel lungo periodo fatturato e non moltiplica gli scontrini, proprio perché, finito lo spettacolo, i follower non inseguono l’emulazione della loro Rita ma le chiedono una nuova esibizione. Al tempo stesso, i follower che seguono i suoi social, nonostante De Crescenzo sia stata presentata dai media tradizionali come la madonna dell’overtourism, non si tramutano in turisti, in visitatori pronti ad affollare ristoranti, a prenotare alberghi e lidi dei nostri centri balneari o delle nostre località di montagna. L’abbaglio di Roccaraso rimane una grande illusione, non generata per nulla dalla signora, ma una serie di concause anche diverse tra loro. Rita non produce incassi e non trasforma in oro tutto ciò che tocca o visita, lei si ferma a infiocchettare l’hype, una polarizzazione, ma non può fare altro.
Se Massimo Decimo Meridio, il generale romano interpretato dall’attore americano Russell Crowe nel film “Il Gladiatore” del regista Ridley Scott, poteva tranquillamente dire ai suoi legionari «al mio segnale scatenate l’inferno», non può fare altrettanto l’eroina De Crescenzo. Al più, potrebbe imporre in un impeto di furore, «al mio segnale facciamo una risata».