Karl Marx avrebbe probabilmente trovato ironica la situazione attuale dell’educazione sessuale a Hong Kong, ricordando le dinamiche satiriche della commedia “No Sex Please, We’re British”. L’articolo che ho letto sul Corriere mi ha incuriosito non poco perché, all’inizio, ho creduto fosse una delle solite fake news.
Il manifesto
Recentemente, le autorità educative di Hong Kong hanno pubblicato un documento di 70 pagine che più che promuovere un’educazione sessuale informata e aperta, sembra propagandare un manifesto per l’astinenza. Il documento suggerisce agli studenti di “controllare i propri impulsi sessuali” e di evitare “abiti provocanti” per prevenire gravidanze indesiderate, conseguenze legali e stress emotivi. Si raccomanda addirittura di “giocare a badminton” come alternativa all’intimità.
Questa retorica non solo ha fallito nell’intento di sopprimere il discorso sulla sessualità tra i giovani, ma ha paradossalmente arricchito il loro dialogo su questi temi, dimostrando come un approccio repressivo possa spesso avere l’effetto contrario. Perché tutto questo? Come mai è nata questa necessità? Hanno realizzato un modulo, intitolato “My Commitment”, che gli studenti devono compilare e firmare impegnandosi a non oltrepassare certi “limiti di intimità” con il proprio partner, a sviluppare “l’autocontrollo e l’autodisciplina” e a “resistere alla pornografia”. Un salto nel passato ma che, a quanto pare è recente.
E in Italia?
In Italia, la situazione dell’educazione sessuale è altrettanto complessa, ma per ragioni diverse. Nonostante l’immagine di un Paese culturalmente aperto e progressista nel trattare la sessualità, l’educazione sessuale nelle scuole italiane è spesso frammentata o completamente assente. Questo deficit lascia i giovani privi di informazioni essenziali su consenso, sicurezza sessuale e dinamiche relazionali.
La mancanza di un’educazione sessuale formale e coerente è evidenziata dalla presenza di comportamenti sessuali inappropriati ed episodi di violenza che mostrano come né la censura né l’ignoranza siano soluzioni efficaci. La realtà italiana evidenzia la necessità urgente di un approccio più equilibrato.
Un approccio equilibrato
Un’educazione sessuale adeguata dovrebbe essere completa e basata su evidenze scientifiche, affrontando apertamente temi come la salute sessuale e riproduttiva, il consenso, i desideri e i limiti personali. Un programma educativo ben strutturato dovrebbe equipaggiare i giovani con le competenze necessarie per gestire relazioni sane e sicure, fornendo loro una guida chiara piuttosto che lasciarli navigare da soli attraverso questi temi complessi e spesso tabù. Questo obiettivo di prevenzione di comportamenti dannosi e promozione di una generazione più informata e responsabile è vitale.
Implementando programmi di educazione sessuale che rispettano e informano gli adolescenti, l’Italia potrebbe superare le sfide attuali e trasformarle in opportunità per costruire una società migliore. L’esperienza di Hong Kong, dove il tentativo di reprimere ha promosso una serie di critiche a livello globale, non solo tra i giovani, dimostra che l’educazione, e non la censura, è la chiave per una gestione sana della sessualità.
La via di mezzo
La soluzione ideale per l’Italia sarebbe quella di trovare una via di mezzo che non solo affronti e risolva le lacune esistenti nell’educazione sessuale, ma che anche promuova un ambiente in cui la sessualità possa essere discussa in modo aperto, onesto e rispettoso. È necessario, attraverso il dialogo, fornire alle future generazioni le conoscenze e le capacità di fare scelte informate e rispettose, evitando così di creare, come temuto, “mostri” per mancanza di guida e di modelli. Non si può fingere, come sempre, che non siano questioni che ci riguardano, tranne poi rimanere sconvolti dalle notizie riportate dai giornali. Si chiama responsabilità. Fa parte della vita di ognuno di noi.